Crescita portoghese: austera, feroce ed antidemocratica

Buongiorno,

dopo il grande rilievo che ha avuto l'evoluzione della crisi greca, tra rischi di default (in realtà non ancora del tutto rientrati), terremoti politici e considerazioni a sproposito sull'omicidio della democrazia ellenica da parte della finanza internazionale (1), meriterebbe maggior attenzione (ci vuole poco, rispetto al totale disinteresse che i media stanno dimostrando sull'argomento) quanto sta succedendo in Portogallo, dove la gestione della crisi ha avuto un diverso percorso, che ha avuto come faro l'accettazione delle indicazioni della Troika.

Ed i risultati, nel bene e  nel male si sono visti.
 
Perchè negli ultimi tempi il Portogallo è stato il Paese europeo che ha avuto la crescita economica più forte ed ha beneficiato di una consistente riduzione del tasso di disoccupazione, il che potrebbe giusticare almeno in parte l'entusiasmo del Ministro delle finanze tedesco Wolfrang Schaeuble che ha infatti indicato il Portogallo come l'Esempio sommo di come .le politiche di austerità economica possano portare alla crescita economica.

Purtroppo in quell'"almeno in parte" rimangono celati alcuni aspetti che per me non sono dettagli, anzi sono dei pesanti macigni.

Non è un dettaglio il fatto che la crescita economica portoghese ha avuto un costo in termini demografici estremamente importante, dato che negli ultimi anni è emigrato in cerca di reddito e lavoro il 5% della popolazione.

Non è un dettaglio che se emigra una fetta consistente della popolazione attiva, la riduzione del tasso di disoccupazione non è una misura della bontà del ciclo economico, ma ampiamente mero effetto matematico del crollo demografico.

Non è un dettaglio che nei Paesi occidentali un crollo demografico sia per i sistemi pensionistici molto più che una ipoteca in negativo, una vera e propria certezza di catastrofe futura.

Ma l'inquietante aspetto di novità che si è affacciato nel silenzio generale in questi giorni in Portogallo è proprio quello che in tanti avevano lamentato a sproposito per la Grecia: un pesantissimo ridimensionamento della democrazia come strumento politico, ridimensionamento accetttato da tutti i Paesi europei in assordante silenzio e come se fosse una cosa normale.


Il motivo, secondo le sue dichiarazioni (2) sarebbe che, voto o non voto, sarebbe suo dovere impedire che vadano al potere "forze che hanno dichiarato di voler abrogare il Trattato di Lisbona, il Fiscal compact, il Patto di stabilità e di crescita e di voler rompere l'unione monetaria e portare il Portogallo fuori dall'euro, oltre a volere la dissoluzione della Nato. Dopo che abbiamo sopportato un oneroso piano di assistenza finanziaria, che ha comportato duri sacrifici, è mio dovere, nell'ambito dei miei poteri costituzionali, di fare quanto è possibile per evitare di dare segnali sbagliati alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati.".

E qui non siamo più in presenza di un governo che sceglie come affrontare i vincoli imposti dalla realtà, ma, piaccia o meno, di un governo che viene arbitrariamente scelto per impedire che faccia determinate politiche legittime e legittimate dall'elettorato.

E, se questa non è la morte della democrazia, ci assomiglia molto (3).

Ciao

Paolo

(1) come ho più volte scritto, alla Grecia non è stata tolta la democrazia: i greci hanno avuto la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e di affrontare la prospettiva del default e dell'uscita dall'euro, prospettiva inevitabile perchè avevano già precedentmente scelto di rinunciare a parte della propria sovranità indebitandosi troppo e consegnandosi mani e piedi ai creditori. Faremmo bene a ricordarcelo, visto che la nostra politica nazionale resta improntata alla richiesta di poter espandere un debito pubblico già ora scarsamente sostenibile (è questo che Renzi chiede quando in Europa chiede avventatamente flessibilità sui conti.

(2) In raltà drammatiche oltre la realtà, visto che le forze politiche radicali hanno espressamente rinunciato ai propositi di uscita da Euro e Nato (e, mi pare, anche di abrogazione dei Trattati internazionali).

(3) trovo particolarmente amaro ed ironico il silenzio dei Paesi occidentali su quanto sta avvenendo, specialmente in virtù del fatto che sino a ieri ci siamo abbeverati del falso luogo comune che democrazia, liberismo, capitalismo e benessere dovessero andare inscindibilmente avanti insieme.

1 commento:

PaoloVE ha detto...

...mi era sfuggita l'alta qualità della poca informazione in materia: qui http://it.euronews.com/2015/10/27/portogallo-il-premier-uscente-vara-governo-di-minoranza/ potete leggere che "Pedro Passos Coelho, primo ministro portoghese uscente e leader del partito di centro-destra che ha vinto le elezioni politiche del 4 ottobre, ha formato un Governo di minoranza".

Mi pare che tra tra essere vincitore ed esprimere un governo di minoranza ci sia qualche contraddizione e che il quadro si completi omettendo di dire che esiste una coalizione di maggioranza disponibile a governare.

Mi chiedo se il giornalista non se ne renda conto, se sia in malafede o entrambe le cose; resta il fatto che la notizia viene passata in modo che la cosa sembri un fatto normale.

Ciao

Paolo