Mirandola: informazione made in Italy

Buongiorno,

molto spesso mi avete sentito concionare contro l'approssimazione ed il provincialismo dell'informazione nostrana. Oggi mi inserirò nuovamente nel filone, visto che dopo il terremoto in Emilia si è verificato nel concreto un caso di reale disinformazione a mio modo di vedere clamoroso, legato probabilmente alla scarsa professionalità dei nostri giornalisti.

Nell'immediato del terremoto tutti i giornali hanno doverosamente scritto numerosi articoli sui danni riportati dall'agroalimentare, in particolare dalla filiera del grana, dove il crollo delle scaffalature di stagionatura (se non proprio dei capannoni) ha pesantemente danneggiato la produzione degli ultimi due anni del pregiatissimo formaggio, con un danno stimato di 80 milioni per la filiera del grana ed in 200 milioni per l'intero settore dell'agroalimentare emiliano.
Insomma, chiunque è stato giustamente informato che una delle colonne portanti del made in Italy ha subito un forte scossone.

Ho impiegato invece circa una settimana a trovare informazioni su quale fosse la situazione del biomedicale nel distretto di Mirandola, dove, a ridosso dell'epicentro del terremoto di ieri, operano oltre un centinaio di aziende, spesso multinazionali, in settori Hi Tech legati al mondo del trattamento del sangue, della dialisi, della cardiochirurgia e della radiologia. 

Chi opera in sanità conoscerà marchi come Bellco, Gambro, Fresenius, BBraun, Sorin, Dideco, Simad, Covidien, Mallinckrodt Dar,... solo per citarne alcuni. Se avete donato sangue, se avete subito un intervento chirurgico, se siete stati sottoposti a dialisi avete sicuramente fruito di qualche prodotto made in Mirandola, che fosse un catetere, un rene artificiale, un filtro o altro.
 
Si tratta di un settore che a Mirandola fattura oltre 800 milioni all'anno, che vende in tutto il mondo, e che ha investito qui capitali molto rilevanti, perchè qui non stiamo parlando di magazzini e scaffali, ma di linee di produzione automatizzate, camere bianche, laboratori di ricerca e di tutto un indotto fatto di laboratori di misura e terziario avanzatissimo. 

Uno dei pochi settori Hi Tech nei quali abbiamo ancora elementi di eccellenza nel mondo, dove competiamo senza timori con i Paesi avanzati, dove il costo della moanodopera è un fattore secondario, dove copiare i prodotti è difficile e costoso. Uno di quei settori che fanno progredire un intero Paese sotto ogni profilo.

Da quanto capisco, la botta per questo settore è almeno altrettanto dura di quella subita dall'agroalimentare, con l'aggravante che per rimettere in produzione gli impianti, vista la loro complessità, saranno necessari investimenti ben superiori e quella ulteriore che, se al mercato italiano viene meno l'apporto significativo di una fetta consistente dei fornitori, per la legge della domanda e dell'offerta, i risultati della spending review in sanità di cui ho parlato l'altro ieri sono seriamente a rischio.

Con tutto il rispetto per la filiera del formaggio grana, stiamo parlando di una situazione ben più grave per il nostro Paese.

Ma questo sui giornali è confinato in qualche trafiletto, come se il problema non esistesse, come se fosse secondario rispetto a quello del nostro ottimo formaggio nazionale. Solo in serata di ieri, a seguito dell'allarme lanciato da Assobiomedica sulla disponibilità di materiali per poter effettuare procedure di dialisi, sembra essersi accesa un minimo di sorpresa attenzione sull'argomento.

E sono convinto che ciò avviene non per cattiveria nè per un perfido complotto, ma semplicemente perchè i nostri giornalisti nemmeno sanno delle dimensioni e della portata di questa realtà, abituati come sono a pascersi dei soliti luoghi comuni che ci ripropongono dalle colonne dei loro giornali stantii.

Ciao

Paolo

4 commenti:

F®Ømß°£ ha detto...

Siamo proprio blogher cupi pronti a fare le pulci ai giornalisti veri, come disse un tale qualche mese fa.

Condivido tutto, anche se non apprezzo molto la rapidità con cui si è passati dal piano umano al piano economico sulla nostra radio preferita (al di fuori della fascia 1830 - 2100 :-)).

Saluti

T.

Anonimo ha detto...

Effettivamente il tema di quel comparto produttivo non ha avuto l'attenzione che meritava e condivido anch'io l'opinione sui giornalari.

A tal proposito oggi sulla radio preferita l'autore della trasmissione dalle 10 alle 11 si chiedeva (riassumo perchè l'ho presa al volo uscendo dall'auto) come mai non avessero pensato a spostare gli impianti produttivi all'esterno dei capannoni, magari sotto ad un tendone...

Ciao,
A.

PaoloVE ha detto...

@ Alberto:

si tratta in gran parte di prodotti che richiedono lavorazioni e conservazione in ambiente controllato, perchè devi preservarne la sterilità. Difficile pensare a soluzioni di tipo "campale"

Ciao

Paolo

Michele R. ha detto...

@Paolo,
Credo che A. si riferisse alla trasmissione Melog 2.0, ironizzando sul fatto che il conduttore poteva evitare di sparare ca***te.

PS da qualche giorno ho ridotto i gli interventi nei miei blog preferiti (e quindi anche il tuo ;-)) perché nei ritagli di tempo in cui posso "spippolare" sto aggiornarnando l'OS del mio notebook.