Le misconosciute cassandre delle "disgrazie divine"

Buongiorno,

leggo con un misto di fastidio e di rassegnazione l'articolo di G.A. Stella su come stanno andando a finire le vicende del Mose (anzi, in realtà Stella non ricorda ai lettori alcuni carichi da undici -questo e questo- che chi si interessa un po' alla cosa ben sa).

E fastidio e rassegnazione vanno oltre le considerazioni scontate sul fatto che pare inevitabile che in Italia qualsiasi opera, qualsiasi evento eccezionale, finisca collo scontrarsi con i soliti  problemi di tempi che si dilatano, costi che impazziscono, tangenti che fioccano, materiali che si rivelano scadenti e realizzazionii che fanno acqua.

Perchè la maggior parte di quelli che oggi parlano di disgrazia divina davanti alle vicissitudini del Mose (o di qualsiasi altra opera/evento), quando c'era chi sosteneva (spesso motivando con argomentazioni solide quanto quelle di chi portarlo avanti) che il progetto fosse funzionale all'arricchimento dei proponenti ma non alla pubblica utilità, liquidavano sbrigativamente i critici troppo spesso in maniera sprezzante e senza entrare nel merito delle contestazioni con la facile etichetta di Nimby capaci solo di opporsi a qualsiasi cosa.

E, dal ponte sullo stretto ad Expo, dalla TAV al Mose, dai mondiali di nuoto al Giubileo, si guardavano bene dal provare verificare l'attendibilità ed il fondamento delle stime dei volumi e dei costi, ancor meno quelle dei benefici, e per nulla la fattibilità tecnica dei progetti e la sostenibilità della gestione.

Eppure i mai contestati sostenitori oltranzisti delle opere pubbliche (1), a posteriori, si sono sempre dimostrati molto meno affidabili nel rispettare le previsioni e le promesse dei tanto denigrati ed irrisi nimby, che sembrano azzeccarci in maniera pressochè infallibile.

Ciao

Paolo

(1) propongo di iniziare a liquidare anche costoro con un acronimo sprezzante: visto come li ho etichettati proporrei un bel "SODOP" che mi pare sufficientemente evocativo della loro principale attitudine...

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