The Emperor of PD

Buongiorno,

l'ennesimo riproporsi della questione della successione a Silvio Berlusconi, con il solito coro di illazioni su investiture più o meno auspicate di natura "dinastica" e l'apparente (e probabilmente non solo apparente) impossibilità di trovare un nuovo leader alternativoo della Destra italiana mi portano a fare qualche considerazione anche sulle dinamiche interne ad un PD il cui leader ha mutuato molto dagli strumenti politici utilizzati da SB.

Non credo che quanto sta avvenendo per Forza Italia, dove il fondatore ciclicamente nomina e sbrana delfini (Follini, Casini, Fini, Alfano,...) restando però attaccatto alla poltrona di comando nella nemmeno tanto segreta speranza di lasciare tutto quanto ha costruito nelle mani delle propria progenie (Barbara? Marina? poco importa, l'importante è il cognome) sia un'eccezione nei partiti che si plasmano attorno ad una figura carismatica: per la Lega era pronto il Trota, per l'IdV Cristiano di Pietro, nel vecchio PRI Ugo La Malfa venne sostituito da Giorgio, nel PSI i figli di Craxi si spartirono i resti del partito,...

Credo invece che sia una conseguenza naturale (ed insana) di un modello di partito che, appiattendosi acriticamente sulla sua figura risultata in un bel momento vincente, ne trae sul momento tutti i benefici del caso, ma rinuncia ad una dialettica interna che ne permetta un'evoluzione nel tempo. 

Il che significa che, poichè non esiste un uomo (nè una famiglia) buono per ogni stagione nè baciato dall'eterna giovinezza nè ubiquo o onnisciente, quel partito sarà destinato con molta probabilità al disfacimento davanti al cambiamento del contesto politico, all'incedere dell'età del leader o all'aumentare delle complessità da affrontare.

E, con la sua crisi del leader carismatico ed in assenza di reali alternative, andranno disperse anche le conoscenze / capacità che il partito aveva messo a punto.

Il mio timore che questa possa essere la strada su cui si è messo il PD con l'avvento di Renzi è ovviamente ancora più attuale e forte nel momento in cui Renzi gode di un consenso unanime tra media e categorie sociali e si afferma anche al di fuori del partito e con proporzioni che lasciano molto più spazio a fenomeni di "beatificazione" piuttosto che a critiche magari fastidiose, ma talvolta costruttive.

Per concludere, l'altro giorno Luca cercava di spezzare una lancia a favore delle precedenti dirigenze del PD che, pur non riuscendo a sconfiggere nelle urne la Destra per lustri, erano riuscite ad elaborare una serie di alternative interne in grado di mantenere un minimo di coesione durante la crisi del partito: ho un fortissimo dubbio circa il fatto che il PD di Renzi, dove chiunque dissenta dalla linea padronale ufficiale è etichettato come un rosicone / gufo / inutile / vecchio rottame conservatore e rimane inascoltato, possa alla lunga mantenere questa capacità.

Ma spero che sia un problema che ci porremo seriamente solo tra qualche anno, magari quando i figli di Renzi saranno grandi a sufficienza da poter ambire alla Segreteria... :-)

Ciao

Paolo

4 commenti:

F®Ømß°£ ha detto...

Buondì,

il timore è piuttosto naturale.

Ci sono alcune osservazioni, tuttavia:

- Ciò che porta alla situazione senza via d'uscita degli esempi che hai citato è la tendenza da parte del leader di un entourage dalle scarse qualità politiche, con l'unico requisito della fedeltà. Costoro, nel momento della successione dimostrano quello che valgono: niente.
Ieri da Loquenzi, per esempio, i discorsi sul dopo B erano quasi patetici.

- Finora il PD ha avuto una tendenza opposta: il partito ha sempre prevalso sulla leadership, indebolendola e infine distruggendola. Ora che Renzi è più forte, sia per la sua personalità, sia grazie al risultato, bisognerà vedere se il suo modo sprezzante di mettere a tacere le critiche sarà funzionale solo a evitare il solito cannibalismo o se porterà a silenziare e infine eliminare qualsiasi altra personalità di valore nel partito.

Saluti

Tommaso

PaoloVE ha detto...

T.:

"la tendenza da parte del leader di un entourage dalle scarse qualità politiche, con l'unico requisito della fedeltà".

Credo che sia un po' più complesso di così: Craxi aveva attorno gli Intini (di cui si diceva che quando Craxi aveva sonno lui andava a dormire), ma anche gli Amato ed i Martelli.

Comunque mi ci ritrovo abbastanza e, purtroppo, mi pare che la tendenza di Renzi sia quella di circondarsi di fedelissimi. Saranno validi?

Ciao

Paolo

F®Ømß°£ ha detto...

@Paolo

sì, le mie osservazioni si riferivano non al leader in generale, ma al leader del partito personale in stile berlusconiano, andato evolvendosi - in peggio - negli anni.

Se all'inizio con B c'erano figura con personalità, pian piano si è scivolati verso una compagnia di clown e yes-man, con risultati disastrosi per il Paese, ma anche per lo stesso centrodestra.

La "selezione" della classe dirigente grillina non può nemmeno essere definita tale, per cui senza i fondatori il M5S come lo conosciamo non esiste.

Il rischio è proprio quanto scrivi tu nel post. Cercavo solo una flebile speranza che l'equilibrio tra la tendenza distruttiva delle minoranze PD e lo sprezzante atteggiamento di Renzi trovino un equilibrio positivo.

Saluti

T.

spdlcu68 ha detto...

Paolo,

è sicuramente un rischio, anzi 'il' rischio.

Credo anche però che almeno in questo l' elettorato storico del PD abbia anticorpi abbastanza solidi.

Non credo potrebbe digerire
né espulsioni per esempio di Civati o Chiti
né vederli fatti oggetto di campagne diffamatorie - tipo casa a Montecarlo di Bersani.

Ha anche un meccanismo - le Primarie - che possono togliere quello che hanno dato.

Il vero problema secondo me è che il 40% di Renzi unisce 2 gruppi di elettorato molto diversi - rimarranno insieme quando l' equivoco si chiarirà ?