La crisi e la tassazione fanno bene alle imprese?

Buongiorno,

il titolo potrebbe farvi pensare che io sia impazzito.

Non è così: non sono pazzo. Non più del solito, almeno.

Ma, direte voi, come si fa a domandarsi una cosa simile, quando autorevolissime ricerche certificano che oltre centomila imprese italiane (il 20% di quelle considerate) hanno chiuso in perdita gli ultimi tre bilanci e adesso sono esposte alla furia rapace dello Stato, che vorrebbe applicare loro una maggiorazione dell'IRES presumendo che si tratti di società di comodo, gestite allo scopo di evadere ed eludere il fisco?

In effetti non vi è logica apparente. 

La contrazione dell'economia derivata dalla crisi e l'appesantimento fiscalesi stanno trasformando in pesanti mannaie cui stanno soccombendo ampie fette delle aziende italiane, specialmente di piccola dimensione.

Il fatto è che un anno e mezzo fa commentavamo una notizia analoga e, riferendoci a periodi in cui la crisi non c'era ancora, scoprivamo che le imprese che "non riuscivano a far quadrare i conti" erano ancora di più, da anni, al punto di farmi straparlare di proposte di stampo bolscevico di alienazione delle aziende che "non ce la facevano".

Non è servito arrivare a tanto. E' bastato ipotizzare un aggravio del 10,5% dell'IRES per le aziende che non riescono a fare utli per tre bilanci in fila e, malgrado la crisi, le imprese in rosso si sono ridotte dal 35% al 20%. Prodigio. Anzi, direi di più: miracolo, Giannino prenda nota.

Ecco, fossi un finanziere andrei a scartabellare un po' di bilanci di quel 15% che ha fatto il balzo verso l'utile in tempi così difficili, non per quanto riguarda il presente, ma per quanto riguarda il passato (sempre che tutto ciò non debba necesariamente finire in prescrizione).

E fossi un imprenditore mi vergognerei della categoria cui appartengo.

Ciao

Paolo

1 commento:

B ha detto...

Più che un imprenditore, per citare Lotito, un prenditore o magnager.