Fòra i recioni dal Veneto!

Buongiorno,

poichè comincio ad avere una certa età e vivo in Veneto, io ricordo.

Ricordo quando, agli inizi degli anni Ottanta la Liga Veneta, madre di tutte le Leghe, eleggeva i suoi primi rappresentanti alla Camera ed al Senato (Rocchetta, Girardi e Tramarin, era il 1983 se non ricordo male) e sorprendeva dieci anni prima di Tangentopoli con affermazioni a macchia di leopardo ma spesso di proporzioni clamorose, giungendo dal nulla a surclassare PCI (e fin qui, in provincia di Treviso, ci voleva molto poco) e PSI, portandosi a ridosso della DC in molti comuni veneti quando ancora probabilmente Umberto Bossi si illudeva di poter fare il cantautore o fingeva di applicarsi per diventare medico, lontano com'era dall'idea di accodarsi prima e poi prendere la testa di quella che diverrà poi la Lega.

Ed è proprio perchè ricordo che mi piace storpiare nel titolo quello che fu per la Liga Veneta lo slogan di maggior successo dalle nostre parti, scritto con spray azzurro (il verde padano è lumbard, successivo, la Liga usava l'azzurro) su ogni cavalcavia, ogni rudere, ogni muro diroccato, sovrapponendosi talvolta le enigmatiche scritte bianche Emoscambio del decennio precedente.

Si, certo, anche i Forza Etna ed i Forza Vesuvio fecero la loro parte, ma richiedevano probabilmente uno sforzo intellettuale eccessivo al potenziale seguace, così come i Veneto Stato o Veneto Nazione (talvolta declinato come Nathiòn nella versione per legaiol-chic) ed i poetici, ma successivi, Roma ladrona la Lega ti bastona.

No, nessuno slogan dalle mie parti fu più efficace del chiaro, forte e diretto Fòra i teroni dal Veneto che è parafrasato nel titolo, nemmeno l'orgoglioso ed aulico Viva el Leòn che magna el teròn che voleva rievocare in algida rima la grandezza e la forza della Serenissima.

Perchè scrivo tutto ciò? Sto forse attraversando una crisi di mezza età? Rincoglionimento senile? Forse. 

Oppure, più probabilmente, quando leggo che un sindaco rischia sanzioni dagli eredi di quel movimento politico per aver celebrato l'unione civile di una coppia omosessuale in quel di Oderzo, mi salta semplicemente all'occhio come, in definitiva, quell'antico DNA razzista identitario non si sia stemperato: cambia l'oggetto dell'odio e della discriminazione ma la tara genetica di un passato che si rifiuta di passare rimane intatta e non scalfita nemmeno dai diamanti tanzaniani.

Con loro Darwin ha fallito: sono ancora quelli lì. Sono rimasti quelli lì. Inguardabili un tempo, peggiori oggi.

Ciao, anzi Buona Padania!

Paolo

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