Il made in Italy

Buongiorno

Credo di avere ormai messo a confronto sufficienti aspetti in qualche modo riconducibili alla categoria del fantastico e magico Made in Italy, magari in senso lato, con le relativa alternative a livello internazionale. Avrei potuto aggiungerne altri (ad esempio parliamo di musica, di letteratura, di cinema, visto che siamo la patria dell'arte?), ma già così credo che la cosa stia divenando noiosa senza aggiungere elementi ulteriori di informazione, per cui mi fermo qui.

La magia del Made in Italy

Magari gli esempi possono essere stati scelti ad arte, ma secondo me evidenziano una serie di costanti sulle quali riflettere:

1) La qualità del prodotto "Made in Italy" viene da noi valutata sulla base della sua corrispondenza a dei criteri estetici e di gusto personali o al più nazionali. Da un punto di vista aziendale la qualità di un prodotto è invece quella che lo fa apprezzare ai potenziali clienti, quindi lo fa vendere, quindi fa fatturato.  Malgrado mi piacciano la pizza ed il caffè italiani, da un punto di vista aziendale quelli offerti dalle grandi catene statunitensi sono prodotti comunque di qualità, perchè incontrano il gusto di una clientela  che però è (quasi) cento volte maggiore (mondiale invece che italiana). Ovviamente quella qualità è più redditizia.

2) La filosofia del "Made in Italy", sembra voler contraddire nei fatti la creatività che dichiara a parole: le aziende italiane sembrano infatti concentrarsi unicamente sulla vendita di un prodotto che pensano di saper far bene, rinunciando (spesso per incapacità) a fornire beni e servizi accessori che migliorerebbero la soddisfazione del cliente (e spesso di innovare). Da Starbucks non vai solo a bere un caffè troppo diluito e caro e dall'IKEA esci , soddisfatto, avendo speso il 70% negli arredi che ti eri prefisso di acquistare ed il 30% in accessori che non avevi messo in conto... Ancora una volta, la scelta italiana è meno redditizia.

3) Il Made in Italy mi sembra nascere quindi per soddisfare un mercato limitato perchè di italiano o di gusto italiano (e non mondiale) ed è condizionato più dalle capacità del produttore che dalle necessità dei potenziali clienti: per essere imposto sul mercato deve investire in marketing nella pubblicità per convincere un limitato numero di clienti della bontà della scelta (esempio estremo in tal senso è quello della pubblicità nel mondo della moda). Altri investono in marketing per capire cosa soddisferà il maggior numero di clienti possibile e si strutturano per realizzarlo.

4) Le limitate dimensioni aziendali conseguenti ai tre punti appena citati hanno alcune conseguenze per le aziende del "Made in Italy": gli investimenti ed i costi fissi vengono spalmati su numeri più limitati, pianificazione, ricerca e sviluppo, marketing ed organizzazione aziendale sono meno redditizi (e quindi offrono meno sbocchi di lavoro, specialmente meno lavoro qualificato).  Gli ostacoli all'ingresso per un competitor sono bassi ed il costo di realizzazione del prodotto è superiore a quello di chi lavora su base industriale avanzata (e quindi rinuncia ad una ulteriore fascia di potenziali clienti per motivi economici e sposta la competizione sul costo della manodopera).

5) il Made in Italy si concentra molto spesso su cose semplici, al limite tra la produzione artigianale, quella artistica e quella industriale, trattando spesso solo una piccola parte di una filiera produttiva più lunga, di solito l'ultima. Per gruppi di grande dimensione è più facile giustificare l'investimento in parti più ampie della filiera produttiva, cosa che offre l'opportunità di un miglior controllo del prodotto e di aumentare i profitti.

Il succo della lunga tiritera è: vi paiono questi i presupposti su cui puntare, a livello di sistema nazionale, per una crescita economica in competizione con chi punta su volumi, programmazione, innovazione, organizzazione aziendale? Oppure il modello che garantisce un miglior reddito, migliori condizioni di vita e migliori prospettive è un altro? La mia risposta nemmeno tanto sottintesa è che io cercherei di puntare su qualcos'altro.

E, in fondo, sono convinto che lo pensino, senza volerlo ammettere, anche gli imprenditori. Se no il consorzio del prosciutto di Parma non utilizzerebbe anche coscie di maiale tedesche ed olandesi, per produrre il crudo di Parma, quello del Parmigiano Reggiano latte tedesco, i calzaturifici non comprerebbero scarpe cinesi da rimarchiare, ...

Ciao

Paolo


A chi interessasse la panoramica completa su quanto scritto in materia di Made in Italy, ecco i link ai vari post della rubrica pubblicati:
  1. l'arredamento
  2. l'abbigliamento
  3. il caffè
  4. la pizza
  5. il turismo parte prima: gli alberghi
  6. il turismo parte seconda:  le presenze
  7. il calcio
  8. i commerciali