La morte della politica, passo passo

Buongiorno,

I due mesi passati nell’inutile attesa che i partiti riuscissero a trovare i margini per un accordo che sfociasse in un governo sono, secondo me, il risultato di decenni di (in)cultura politica che si è progressivamente estesa a parti sempre più estese del ceto politico e della popolazione ed ha assunto caratteristiche sempre più spinte.

Il fenomeno mi pare rappresenti un problema di portata ben superiore a quello più frequentemente lamentato, di una legge elettorale che non favorisce la creazione di un’alleanza di governo: provo a spiegarmi meglio, riferendomi al passato recente.

Quando un quarto di secolo fa Silvio Berlusconi si presentò sulla scena politica si propose all’interno di una logica di tipo bipolare, in cui uno dei due raggruppamenti politici tra loro alternativi sarebbe andato al governo senza aver necessità di stipulare alleanze con la controparte avversaria.

In tale contesto, allo scopo di raggruppare attorno a sé il maggior numero di elettori, non esitò a ricorrere (cordialmente ricambiato da una parte del centro sinistra) ad un linguaggio e a modi scarsamente opportuni, in grado di attirare anche il potenziale elettorato più radicale: cominciano a diventare di uso normale, comune e diffuso anche tra le forze di governo (e non solo tra i leghisti che avevano fatto dello stare sopra le righe una cifra politica, ma non cullavano reali ambizioni di governo se non in posizione subordinata) epiteti, etichette ed espressioni insultati quali liberticida, mafioso, turista della democrazia, ladro, fannullone,… (1)

 Il vantaggio derivante dalla potenziale estensione della base elettorale grazie a messaggi elementari e bruti eccedeva gli svantaggi derivanti dal bruciare i ponti con un avversario politico con cui, comunque, non si sarebbe stretto alcun rapporto di alleanza politica consistente.

Anni dopo i grillini si inserirono in questo filone, “arricchendolo” con l’utilizzo massiccio degli elementi di ulteriore radicalizzazione, diffusione e pervasività dato dall’utilizzo della rete e dei primi social network.

Quello di cui i partiti non sembrano essersi resi conto è che il successo del M5S (molto più del sistema elettorale) non ha cambiato significativamente il linguaggio politico,  ma ha cambiato radicalmente lo scenario di riferimento, facendo saltare la “bipolarità” del sistema e la conseguente inutilità delle alleanze politiche, che adesso diventano invece indispensabili, perché in un sistema tripolare la maggioranza si raggiunge quasi necessariamente attraverso delle alleanze.

Alleanze che però sono state rese inaccettabili da ogni singolo partito rappresentando tutti gli avversari come riferimenti squalificati e indecenti con cui è inaccettabile qualsiasi: con una politica dell'insulto portata avanti in questo modo governare sarà estremamente difficile se non impossibile, perchè basata sullo scontro piuttosto che sul confronto. 

E, temo, non sarà facile fare uscire da questo cul de sac, perchè in questa fase chiunque voglia provare ad affrontare la politica in maniera meno bruta sarà costretto ad usare una comunicazione più complessa e strutturata e risulterà inevitabilmente penalizzato rispetto a chi si limiti a strillare slogan ed insulti...

Ciao

Paolo

(1) precedentemente simili atteggiamenti in politica esistevano, ma erano circoscritti a frange che non avevano ambizioni di governo, oppure, al più potevano ambire a fare i gregari all'interno di coalizioni fondate su gruppi maggiormente consistenti

1 commento:

F®Ømß°£ ha detto...

Buondì,

-disco rotto ON- la complicità dei media in questa degenerazione è fondamentale, così come la selezione del peggiore operata dagli elettori, in mille occasioni. Questo per dire che rifiuto del tutto qualsiasi tesi che veda come primo responsabile degli orrori che ci attendono il ceto politico. L'imbarbarimento è generale, il fatto che finiamo nelle mani delle bestie è solo una conseguenza. -disco rotto OFF-

Saluti

T.