Buongiorno,
devo confessare che nei mesi scorsi mi era sfuggito un aspetto del Jobs Act che si concretizzerà tra pochi giorni e che aggiunge un pizzico di positivà ad una legge che, personalmente, non apprezzo dal punto di vista dei principi, ma che trovo, per motivi del tutto diversi da quanto prometteva il nostro Presidente del Consiglio, sicuramente migliorabile ma meno negativo di quanto gli oppositori abbiano voluto dipingere.
- Il mercato del lavoro è già da molto tempo improntato al precariato più sfrenato e l'art.18 non proteggeva chi fosse stato assunto negli ultimi lustri, visto che per costoro il contratto a tempo indeterminato semplicemente non era un'opzione in campo: salvo pochi casi particolari gli erano prospettati contratti a progetto, di collaborazione, interinali, in partita IVA, e via discorrendo. Quindi non mi aspetto che il Jobs Act introduca precarizzazione, anzi.
- Quanto sopra non vuol dire che sia stata una buona cosa abolire l'art.18: si trattava di una norma giuridica di minima civiltà, peraltro normalmente presente e assolutamente scontata nelle legislazioni degli altri Paesi.
- Il costo del lavoro è da decenni principalmente una cortina di fumo innalzata da una classe imprenditoriale che raramente si solleva oltre la mediocrità per giustificare dei risultati inferiori alla media dei concorrenti e pietire allo Stato aiuti, sgravi, privilegi. Paesi con costo del lavoro ben superiore al nostro (Germania e Paesi nordici, per esempio, ma, per restare in Europa, anche Gran Bretagna e Francia) hanno economie che crescono da decenni più di noi. Quindi non mi aspetto che il Jobs Act possa significativamente modificare a regime i tassi di occupazione come invece ci prometteva Renzi (1).
- La frammentazione della contrattualistica in materia di lavoro rappresentava per i datori di lavoro l'opportunità di dividere la controparte uccidendo sul nascere qualsiasi idea di contrattazione collettiva e rivendicazione sindacale, che avrebbe permesso un innalzamento dei livelli salariali riequilibrando i rapporti di forza in azienda. Quindi mi aspetto che lo Jobs Act, eliminando tale frammentazione, porti nel medio periodo a qualche innalzamento delle retribuzioni.
- Chi eroga credito vuole avere un minimo di garanzia sulla solvibilità del richiedente. Lo Jobs Act è pur sempre un contratto a tempo indeterminato, anzi diverrà l'unica forma di contratto a tempo indeterminato. Quindi mi aspetto che per chi passerà dalle varie forma di precariato preesistenti ai contratti regolati dalla nuova legislazione possa progressivamente avere sempre maggior accesso al credito e formulare progetti di medio lungo termine (2).
Ciò detto, qual'è il tassello positivo che si starebbe per aggiungere? Ma ovviamente il fatto che tra pochi giorni sarà obbligatorio utilizzare una procedura informatica online per le dimissioni volontarie, ripristinando di fatto quanto aveva già disposto un bel po' d'anni fa il secondo governo Prodi e successivamente cancellato da Sacconi nel 2008 con uno dei primi atti dell'ultimo governo Berlusconi. Detta così la cosa potrebbe generare qualche perplessità e far alzare un sopracciglio, ma sono sicuro che converrete che è bello sapere che in molti potranno pulirsi il sedere con quel foglietto che facevano firmare a data aperte ai neoaasunti, garantendosi illecitamente la libertà di licenziamento.
Ciao
Paolo
(1) Mi pare che i dati indichino che le piccole variazioni ai tassi d'occupazione siano in questo momento attribuite principalmente ad un fattore contingente quale la decontribuzione.
(2) Il che potrebbe dare finalmente un impulso all'economia, rinvigorendo un mercato interno tuttora esangue.
Nessun commento:
Posta un commento