Festivi, outlet, scioperi ed ideologie

Buongiorno,

mi inserisco, in ritardo, sulla polemica relativa allo sciopero contro l'apertura dell'outlet di Serravalle nel giorno di Pasqua, dopo aver letto due degli ultimi interventi in materia, quello di Scalfarotto e quello di Gilioli, a mio avviso molto deludenti perchè entrambi semplicistici ed intrisi di opposte ideologie.

Per anticipare le mie conclusioni: credo che lo sciopero contro l'apertura dell'outlet di Serravalle sia stato un errore, non per un malinteso modernismo che dovrebbe portarci ad accettare qualcosa che diamo per inevitabile, ma per la tipologia della struttura e della sua attività, cosa cui, nelle discussioni su questi argomenti si ragiona invece molto poco.

Provo ad essere più chiaro (permettetemi un bel po' di semplificazioni, che peraltro ritengo poco influenti nel ragionamento complessivo): nella scelte della forma di distribuzione/vendita si scontrano le esigenze di tre parti: il consumatore (cui fanno comodo aperture estese e prezzi bassi), le proprietà (cui interessano invece margini il più possibile elevati) ed i lavoratori del settore (cui interessa lavoro a condizioni dignitose).

Credo si possa affermare che esistano attività che non vedono ampliare significativamente il proprio giro d'affari nel momento in cui il loro orario venga esteso oltre quello tradizionale. Ad esempio di queste attività porterei i supermercati e gli ipermercati. 

Se la mia famiglia (il consumatore) consuma mezzo chilo di pane ed un litro di latte al giorno, non sarà l'apertura 24/24 7/7 a spingermi a comperare di più in maniera significativa. In questi casi l'eventuale estensione dell'orario di apertura darà quindi grossolanamente alla proprietà margini decrescenti sia rispetto all'aumento della durata dell'apertura che rispetto al numero di concorrenti che vi si adeguano (1). 

Per mantenere i propri margini alla proprietà si prospettano due possibilità: rincarare i prezzi (strada difficile a causa della concorrenza e che configgerebbe con gli interessi dei consumatori) o tagliare i propri costi, tra cui quelli per la manodopera. E questo secondo fenomeno mi pare si stia verificando abbondantemente nel settore della grande distribuzione, dove i presunti benefici di una estensione dell'orario di lavoro stanno andando di pari passo col detrimento delle condizioni di lavoro dei dipendenti del settore. 

A mio modo di vedere in questi settori ha senso opporsi all'estensione indiscriminata degli orari di lavoro, perchè probabilmente la soluzione che meglio contempera gli interessi dei tre attori sarebbe quella di una turnazione nelle estensioni delle aperture: i consumatori trovano dove poter acquistare ciò che gli serve quando vogliono, la proprietà, grazie alla temporanea situazione di concentrazione dell'offerta, mantiene la possibilità di realizzare margini grazie a volumi significativi, ai lavoratori  è chiesto un impegno extra solo saltuariamente e non devono farsi carico di abbattere costi sorgenti da una attività poco remunerativa. 

Niente mano invisibile del mercato, ma una bella programmazione analoga a quella che si fa, ad esempio, per garantire il servizio con le farmacie di turno. Quindi una cosa che fa accapponare la pelle a liberisti e pseudomodernisti, per dirla tutta, e che perciò non si farà.

Esistono invece attività dove l'orario di apertura può avere un impatto rilevante sugli incassi, ad esempio alcune forme di ristorazione, quelle che vendono beni voluttuari, magari di lusso o intrattenimento. 

Faccio un esempio se volete estremo: credo che imporre qualsiasi forma di chisura al Fondaco dei Tedeschi a Venezia sarebbe pura follia, perchè quella struttura intercetta e vende in maniera più o meno proporzionale a quanto resta aperta, ed anzi probabilmente massimizza le vendite nei festivi, quando è massima l'affluenza in città. Ma sarebbe allo stesso modo folle imporre ad IKEA o Gardaland o Mediaworld di chiudere nei fine settimana, quando è massimo l'acceso dei clienti (2).

Se, come in questi casi, la proprietà aumenta i propri margini intercettando dei consumi che altrimenti in gran parte non si verificherebbero, avrà minori necessità di esercitare pressioni sui lavoratori. Per strutture di questo tipo (e gli outlet normalmente lo sono) l'interesse delle tre parti (consumatori, proprietà e lavoratori) normalmente coincide nella direzione di una apertura in orari non canonici il più possibile estesi.

Da qui la mia conclusione, che credo pochissimo ideologica: regoliamo le scarsamente utili aperture indiscriminate dei supermercati, liberalizziamo invece quelle degli outlet. Con buona pace di chi vorrebbe far chiudere Serravalle a Pasqua, oppure far restare aperto 7/24 ogni 'Esselunga.

Ciao

Paolo

(1) per fare un esempio: il primo ed allora unico supermercato che nella vostra città ha esteso l'orario sino alle 22.00 ha attirato tutti i consumatori che non riuscivano fare la spesa negli orari canonici, guadagnandoci. Ma quando tutti i supermercati hanno aperto sino alle 22.00 l'effetto è stato unicamente quello di spalmare gli stessi consumi su un orario più lungo: stessi incassi, costi più elevati.

(2) non a caso in questi tipi di strutture spessissimo trovate personale aggiuntivo dedicato proprio ad affrontare queste situazioni di picco in orari non canonici

3 commenti:

Michele R. ha detto...

Buongiorno,
Se la mia famiglia (il consumatore) consuma mezzo chilo di pane ed un litro di latte al giorno, non sarà l'apertura 24/24 7/7 a spingermi a comperare di più in maniera significativa. In questi casi l'eventuale estensione dell'orario di apertura darà quindi grossolanamente alla proprietà margini decrescenti sia rispetto all'aumento della durata dell'apertura che rispetto al numero di concorrenti che vi si adeguano (1).

1) E' una posizione che sostengo anche io.
2) Trovo idiota il no per punto preso alle aperture nei giorni delle feste comandate.
3) Trovo idiota la posizione di chi difende la scelta di tenere aperto nei giorni portando come termine di paragone gli operai della siderurgia, infermieri e forze dell'ordine perché quelli sono servizi che debbono per ragioni industriali funzionare 365 giorni all'anno (siderurgia), o servizi essenziali (infermieri e forze dell'ordine).
Il punto è che la grande distribuzione è un servizio utile ma non indispensabile, perché quel servizio può essere anticipato o posticipato dalle scelte dei consumatori. Invece, con mio disappunto, trovo soprattutto gli anziani quelli che (immagino) per la maggior parte dovrebbero essere di estrazione contadina e quindi abituati ad un certo stile di vita, chiedere alle cassiere della "COOP-INA", dove ogni tanto vado, se a Pasqua e a Pasquetta il negozio è aperto. La mia osservazione è: "ma non puoi fare la spesa ora per quel giorno?".

Mia moglie, essendo dipendente di Unicoop Tirreno, lavora spesso la domenica e non percepisce alcuna maggiorazione per il giorno festivo. Per questo invece trovo interessante e giusto il discorso di Gilioli (non so se ti è sfuggito il passo) quando sostiene che se chiedi un sacrificio ai dipendenti (e lavorare per le feste comandate lo è) devi essere disposto a pagarlo bene. Ma attualmente così non è, anzi... se potessero ti farebbero lavorare gratis.

Saluti.

F®Ømß°£ ha detto...

Buondì,

Sono d'accordo con Mr e Gilioli. Credo che il punto sia la retribuzione dei lavoratori.

In tutti i settori, la crisi consente di contrattare al ribasso, sia imponendo orari non graditi, sia non fornendo una contropartita economica.

Sul resto degli argomenti si può discutere: è chiaro che ci sono servizi che vanno resi disponibili tutti i giorni - o addirittura soprattutto nelle festività di lavori di ufficio, ma il nocciolo, come dice Mr, è che questo deve essere pagato in qualche modo.

Saluti

T.

PaoloVE ha detto...

...non metto in discussione il fatto che il punto siano le condizioni di lavoro (economiche e non solo): mi pare però che in alcune situazioni (grande distribuzione) l'estensione dell'orario incida negativamente su questi aspetti, in altri al contrario possa contribuire ad alleggerirle e creare lavoro.

Per spingere la cosa al paradosso: senza le aperture festive gli outlet (ed i relativi posti di lavoro) probabilmente nemmeno esisterebbero, mentre la grande distribuzione, al contrario, c'era e ci sarebbe comunque.

In un caso l'apertura nei festivi è una caratteristica in qualche modo inevitabile dell'attività, nell'altra una scelta del settore (a mio modo di vedere controproducente)

Ciao

Paolo