Buongiorno,
la sentenza della Cassazione che ha cancellato i due precedenti gradi di giudizio sulla parte del caso Eternit che riguarda il procurato disastro ambientale sta ovviamente sollevando un vespaio, legato all'enormità dell'accaduto da un lato, e dall'altro all'ormai inveterata abitudine a reagire in maniera scomposta quando ci sono in ballo conseguenze che paiono riconducibili alla legislazione ad personam cui SB ci aveva abituato (e pronunciare la parola "prescrizione" in Italia significa premere un tasto di innesco in tal senso).
Non ho dubbio alcuno sul fatto che nei giorni scorsi la giustizia italiana abbia abdicato al suo ruolo, ma sono molto dubbioso che questo sia avvenuto a causa della intervenuta prescrizione.
Eternit ha cessato la lavorazione dell'amianto nel 1986. Ventotto anni fa.
Dubito che a distanza di così tanto tempo si sarebbe potuto parlare ancora di giustizia, in qualsiasi senso la si voglia intendere.
Dubito che i protagonisti di eventi avvenuti oltre vent'anni prima, vittime, responsabili, testimoni, .... possano essere considerati le stesse perone che furono coinvolte nei fatti.
Dubito che a distanza di così tanto tempo il loro ricordo e l'interpretazione stessa dei fatti possano essere adeguata perchè risentono di anni di suggestioni e cambiamenti culturali.
Dubito che a distanza di così tanto tempo si possa sperare di trovare ancora in vita un numero di protagonisti tale da permettere una ricostruzione adeguata dei fatti, prima ancora che la sua interpretazione.
E' per questo che ritengo che non ci si possa scandalizzare se un processo dopo ventotto anni viene prescritto.
E non mi riferisco solo a questo caso: quando sento parlare di indagini ancora aperte relative al periodo degli anni di piombo ho sempre l'impressione che ormai di certe cose dovrebbe interessarsi la storia più che la giustizia. Persino se quei fatti sono rimasti impuniti (1).
Quello di cui ci si deve invece scandalizzare è il fatto che un processo possa non arrivare a termine entro un periodo ragionevole. Perchè non è giustizia quella che individua un colpevole ed una pena quando il costume è cambiato (e con esso l'interpretazione che si dà dei fatti) e, con una certa probabilità, sono morti buona parte delle vittime, dei colpevoli e dei testimoni.
Se il processo che adesso si sta provando ad allestire contro Eternit per i 256 omicidi dovesse anche arrivare in porto, qualsiasi esito esso possa avere, non farà giustizia. Non sarà una eventuale individuazione di un colpevole e di una pena a distanza di trent'anni che potremo chiamare giustizia.
Non ritengo quindi che il problema possa essere la primariamente la prescrizione, ma sono certo che lo sia l'eccessiva durata dei processi: è questo il fronte sul quale si deve lavorare, modificando le procedure di indagine e dibattimentali in modo da rendere il percorso processuale più snello e rapido e chiedendo ai magistrati di rinunciare a qualche privilegio.
Ciao
Paolo
(1) Questo non vuol dire che personalmente io talvolta non desideri una condanna -anche nel caso Eternit- per chi ritengo colpevole sulla base di quanto ho sentito di qualche crimine. Si tratta però di qualcosa che avrebbe più a vedere con la vendetta che con la giustizia.
3 commenti:
Ciao,
segnalo http://goo.gl/YnupuO
T.
Ciao Paolo,
in proposito, ti giro il commento su FB di un mio amico avvocato.
Sono stufo di vedere come nel nostro paese si continui a legiferare sulle onda emotiva e come si barattino i diritti di tutti sulla spinta del dolore delle persone. Se vogliamo un paese diverso dobbiamo trovare il coraggio di dire basta a qs meccanismo perverso. Prendiamo il caso Eternit! La fabbrica cessa di produrre nel 1986. Erano già noti la pericolosità dell'eternit e le morti nella fabbrica di Casale. Ho fatto il militare a casale nel 1988, il problema era quotidianamente sui giornali. Il procedimento parte nel 2004 e quando parte per il titolo di reato che viene contestato, 434 e 437 Cp, disastro doloso aggravato, e' già prescritto perché inizia 28 janni dopo la cessazione dell'attività produttiva, cioè la condotta che determina il disastro. Allora il ns. Stato ha ucciso due volte i morti di Casale: dapprima consentendo l'impianto di una fabbrica pericolosa nel suo territorio, dopo stando fermo per 28 anni prima di aprire un procedimento che è' nato già prescritto.
Dobbiamo dire grazie ai giudici della cassazione che hanno avuto la forza etica e morale di applicare la legge.
Dobbiamo dire alla Politica e a Renzi che invece di incidere populisticamente sulla prescrizione dei delitti, colpendo le garanzie di tutti, che chieda scusa ai morti di casale per l'inefficienza di uno stato che dapprima ha consentito è tollerato l'inverosimile, poi è' rimasto silente per 28 anni ed infine ha celebrato in processo nato già prescritto!!
Dilatare i termini di prescrizione non è' la risposta che quei morti e tutti i cittadini si aspettano da un politico che promette un Italia diversa.
Fabrizio
Saluti
@ T. & MR:
due contributi che condivido.
Grazie
Ciao
Paolo
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