La mia personale resa alla realtà, senza condizioni

Buongiorno,

con il post di oggi vi comunico la mia personale ed incondizionata resa davanti alla realtà, esattamente come previsto dal Premier in una sua risposta non esattamente in argomento a delle critiche mosse alle ultime novità relativamente al Jobs Act.

Mi arrendo (anzi mi sono già arreso) alla realtà nel senso che mi è assolutamente chiaro che in questo momento Renzi mantiene fermamente (e probabilmente manterrà ancora per un bel po' di tempo) la sua posizione di assoluta ed infastidita chiusura rispetto a qualsiasi posizione minimamente critica rispetto alle sue posizioni, principalmente se queste obiezioni dovessero venire da una posizione anche solo vagamente di sinistra o, peggio, dall'interno del suo partito.

Mi arrendo (anzi mi sono già arreso) alla realtà nel senso che mi è assolutamente chiaro che in questo momento Renzi mantiene fermamente (e probabilmente manterrà ancora per un bel po' di tempo) la possibilità di cambiare le cose in Italia, anche se probabilmente non condividerei la direzione dei cambiamenti che eventualmente proporrebbe.

Mi arrendo (anzi mi sono già arreso) alla realtà nel senso che  mi è assolutamente chiaro che in questo momento Renzi mantiene fermamente (e probabilmente manterrà ancora per un bel po' di tempo) un rapporto privilegiato con i media e con l'elettorato, rapporto che lo sottrae a qualsiasi significativa critica e a qualsiasi eventuale sua conseguenza.

Mi arrendo però anche ad un'altra realtà, in parte personale. 

Nella mia storia lavorativa non sono mai stato licenziato, ma ho cambiato molte volte lavoro: come dipendente e come libero professionista, come borsista e collaboratore, consulente e dirigente, per il pubblico e per il privato, per piccole aziende e grosse multinazionali, con contratto CFL, Co.Co.Co., Partita IVA, contratto a T.I.. A rileggere l'elenco mi chiedo se mi sono perso qualcosa :-)

A torto o a ragione ritengo di aver professionalmente tratto beneficio dall'aver lavorato in contesti diversi e per diversi datoridi lavoro, e di aver portato un po' di questi benefici anche alle nuove realtà in cui di volta in volta ho operato. E' la parte sana della flessibilità.

Non posso dire che i meccanismi previdenziali si siano dimostrati adeguati alla mia flessibilità, visto che non mi sarà possibile ricongiungere ai fini pensionistici una parte dei contribuiti da me versati (che quindi risulteranno versati a vuoto), ma ritengo che, anche se la cosa mi fosse stata chiara sin dall'inizio (e non lo era), avrei fatto grosso modo le stesse scelte.

Posso però dire con molta chiarezza che quello che definisce adesso il tanto decantato Jobs Act è (come qualcuno inizia a far notare) un formidabile disincentivo alla flessibilità: attualmente ho la fortuna di avere un contratto a T.I. con tutte le tutele del caso, dovessi decidere di cambiare lavoro, alla firma del nuovo contratto partirei senza alcuna tutela. Dubito di poter trovare un datore di lavoro disposto a remunerare adeguatamente un tale svantaggio iniziale.

Non è quindi difficile immaginare che io e quelli che come me godono ancora di qualche forma di tutela diventeremo flessibili e mobili come cozze attaccate ad uno scoglio.

Da domani quindi non chiamatemi più gufo, ma tellina. Mi ci avete costretto. E, sempre che la cosa vi possa interessare, rinunciate a trasferire altrove il mio know how.

Ciao

Paolo

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