Veneto: il regresso silenzioso

Buongiorno,

in un paio di giorni sono usciti, purtroppo solo sulla stampa locale, due articoli di fonti tra loro indipendenti che avrebbero meritato un maggior rilievo perchè evidenziano come quella che è stata per un paio di decenni una delle principali locomotive della crescita italiana, sembri avere il motore inceppato, e non sembri avere gli strumenti per comprendere cosa c'è che non funziona.

In questo primo articolo viene presentata una analisi dei risultati di dieci anni di politiche regionali di incentivi alle imprese, volti a promuovere le attività delle PMI, l'innovazione, l'imprenditoria giovanile e quella femminile. Analisi che si può brutalmente sintetizzare nel fatto che non vi è evidenza che i 388 milioni di euro di incentivi erogati tra il 2003 ed il 2013 dalla Regione Veneto abbiano prodotto nelle aziende beneficiate maggior produttività o competitività, nè maggiori investimenti in innovazione, nè maggior impiego di giovani o donne.

Il che si può tradurre rozzamente così: tramite la Regione per 10 anni ogni singolo cittadino veneto, dal neonato al centenario, ha immolato circa 80 euro al mese nell'inutile tentativo di modernizzare il sistema imprenditoriale della Regione, con un sistematico ed istituzionalizzato trasferimento di ricchezza dalle tasche dei lavoratori a quelle degli imprenditori che mi è difficile non interpretare come deliberato ed intenzionale anche se apparentemente svincolato dagli obiettivi dichiarati.


In questo secondo articolo vengono invece presentate delle analisi della Fondazione Nordest sulle prospettive economiche future del Veneto, che appaiono messe in discussione sia da una crisi del credito che in Regione è ingigantita dalle difficoltà di quel sistema bancario "legato al territorio" di cui abbiamo vantato a sproposito la solidità sino all'altro giorno (a nessuno parte un brivido sentendo parlare di Banca Popolare di Vicenza in questi giorni?), sia dal conclamato fallimento di alcune politiche strutturali (dall'incubatore Veneto Nanotech al Bic Vega), sia da una contrazione demografica che assomma la riduzione dei residenti stranieri all'emigrazione degli indigeni.

E qui si vede come tuttora nel sistema Veneto non ci siano gli strumenti adeguati per capire cosa c'è che non va nel momento in cui si riconosce che i miliardi bruciati nelle banche sono un problema, ma non si vuole mettere in discussione la gestione che ha creato il dissesto. Oppure quando si riconosce che l'emigrazione è un problema, specie se qualificata, ma si liquida il tutto con un "Sono giovani su cui abbiamo investito e che non credono più in quest’area" quando la cosa è smentita dal fatto che "il tasso di disoccupazione tra 25 e 34 anni tra i laureati è l’11,5%, maggiore di quello dei diplomati, l’8,1%. E non succede per le classi di età superiori", chiara dimostrazione che non sono i giovani qualificati a non credere nel sistema Veneto, ma è questo a rifiutarli (ed altri sistemi ad essere per loro più accoglienti).

Ah, quasi dimenticavo la ciliegina sulla torta: ad ulteriore conferma della mancanza di strumenti critici (e di pudore) i nostri imprenditori, quelli nelle cui tasche sono finiti inutilmente i 388 milioni di cui nel primo articolo, ci informano che:
  1. l'errore non è negli incentivi
  2. sono pronti a dirci come questi dovrebbero essere destinati
  3. quegli 80 euro mensili pro capite regalati loro da ogni cittadino veneto sono ovviamente briciole: ne vorrebbero molti di più...
Il tutto senza che alcun giornalista senta la necessità di increspare il sopracciglio.

Ciao

Paolo

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