Referendum costituzionale: fini, mezzi e problemi/2

Buongiorno,

ieri introducevo il tema per cui non ritengo che il nuovo impianto costituzionale che saremo chiamati ad approvare a dicembre non manterrà le promesse in materia di taglio ai costi della politica né, ed è questo il caso più grave e di cui parlerò oggi, quelle in materia di celerità nel processo di legiferazione.

Non ho intenzione di affermare che il bicameralismo perfetto non si presti al rischio di allungar i tempi necessari all'approvazione delle leggi, e, addirittura, non mi ascrivo completamente nemmeno al partito di quelli che sostengono che nella nostra realtà sia in qualche modo necessario per rimediare cammin facendo agli errori di stesura di politici scarsamente capaci (temo anzi che permetta troppo spesso l'inserimento di emendamenti avulsi dallo scopo e dal senso delle leggi in esame, quando proprio non in contraddizione con le stesse o con loro parti).

Il fatto è che non m pare che l'aspetto preminente del problema sia di natura procedurale, ma anzi, ed in materia estremamente preminente, di qualità dei politici che alla procedura devono attenersi, qualsiasi essa sia.

Ad indirizzarmi in direzione di questa convinzione sono alcune constatazioni di segno opposto: da un lato abbiamo visto tutti che il bicameralismo perfetto non ha impedito di approvare, quando la situazione lo ha imposto, addirittura modifiche alla Costituzione (sto parlando dell'inserimento del pareggio di bilancio) in tempi confrontabili con il battito di ciglia.

Dall'altro lato chi viva in Veneto ha avuto occasione nel recente passato di vedere come il parlamentino regionale (rigorosamente monocamerale) è rimasto bloccato per tempi infiniti sul progetto di riforma del sistema sanitario veneto (per vostra somma fortuna mi asterrò da qualsiasi commento e/o analisi in materia).

In definitiva sembrerebbe che la velocità del processo di legiferazione sia dettata prevalentemente da altro che da aspetti procedurali di stesura/approvazione delle leggi stesse e quindi mi pare irragionevole pensare di ottenere un percorso significativamente più rapido agendo su quella leva (e non voglio nemmeno entrare nel merito del nuovo Art. 70 della Costituzione, ormai tanto famoso quanto barocco ed evidentemente foriero di ritardi e contenziosi, nè effettuare speculazioni circa il fatto che un Senato costituito su una base difforme da quella elettorale della Camera non garantirà la presenza di una maggioranza politica dello stesso segno -ricordate il Porcellum?-, aprendo in questo modo la porta ad un conflitto permanente tra le due Camere su ogni aspetto in cui possa essere invocato, pretestuosamente o meno).

In particolare mi permetto di indicare nella variabile di maggior peso la qualità della classe politica chiamata ad operare, cosa di cui parlerò domani.

Ciao

Paolo

4 commenti:

F®Ømß°£ ha detto...

Buondì,

il tema di quanto si riducano i costi è per me molto poco rilevante nella scelta sul voto al referendum: è la solita manfrina che nasconde talvolta un disprezzo di fondo per la democrazia. Ben venga il risparmio, ma è solo un simbolo.

Sul tema odierno sottoscrivo il post, che sintetizza ottimamente un argomento solido a favore del no. Lo sintetizza meglio di quanto abbia fatto l'inconcludente Zagrebelsky nel suo fallimentare duello televisivo con Renzi, per dire.

Con la conclusione di domani, arriveremo al punto: non è colpa delle regole - specialmente non della Costituzione o del bicameralismo paritario - se il sistema si blocca.

Sono il grado di conflittualità, la responsabilità e infine la qualità della classe politica che determinano quella che qualcuno chiama la palude.

Saluti

T.

PaoloVE ha detto...

@ T.:

in realtà la riduzione del costo della nostra politica per me riveste una importanza fondamentale, sia dove stanno i costi veri, cioè quelli connessi direttamente o indirettamente alle grandi scelte strategiche nazionali (ad esempio le scelte sempre più politiche e sempre meno tecniche sulle grandi -e meno grandi- opere o sull'organizzazione dei servizi ai cittadini), sia, banalmente, in quel marasma di stipendi e privilegi molto spesso assurdi che rendono ampia parte dei nostri politici una casta autoreferenziale e totalmente avulsa dal mondo reale.

Ciao

Paolo

F®Ømß°£ ha detto...

@Paolo

non confondiamo: la riduzione dei costi della Politica non è la stessa cosa della riduzione del costo del Parlamento e non è nemmeno la stessa cosa della riduzione degli sprechi o delle ruberie connessi alle opere pubbliche.

Nel mio commento mi riferisco ai costi del Parlamento, che vengono volutamente confusi - per propaganda - con gli altri.

E ribadisco che nella testa delle legioni di indignati il concetto per cui i nostri parlamentari andrebbero pagati meno, ma che dico, non pagati, ridotti di numero, magari anche eliminati cela un evidentissimo disprezzo per la democrazia in quanto tale.

Saluti

T.

PaoloVE ha detto...

@T.:

non confondo, distinguo: se la stragrande maggioranza degli stati europei ha meno parlamentari di noi, li paga meno e concede loro meno privilegi, probabilmente siamo noi ad eccedere ed è opportuno e doveroso corregere il tiro.

Ma non è certo da lì che dobbiamo aspettarci miracoli per il nostro bilancio.

Ciao

Paolo