Buongiorno,
anche
se è passato un po' di tempo, sono uno di quei dinosauri che hanno
fatto il servizio militare, per di più come ufficiale di
complemento. Sono stato più o meno addestrato ad utilizzare svariati tipi di
armi, fucili, pistole, mitragliatrici, bombe ed altre armi, dal
pugnale allo Stinger passando per le bombe a mano.
Questo
per dire che, senza essere un esperto, un minimo di confidenza con le
armi ed il loro uso ho dovuto svilupparlo e non ho problemi ad
ammettere che le armi esercitano un certo fascino anche su di me.
Su
questa base non posso che ammettere che chi sostiene che ad uccidere
non sono le armi ma chi le impugna ha ragione.
Personalmente
ritengo non corrette le analisi che correlano le periodiche stragi
statunitensi unicamente alla gran disponibilità di armi da fuoco, e
porto ad esempio contrario realtà a noi vicine come quella svizzera
(o quella austriaca, da quanto mi risulta), in cui il
numero di armi pro capite non è dissimile da quello statunitense
(retaggio dell'organizzazione dei loro eserciti) senza che questo
degeneri in un problema sociale com'è negli USA.
Malgrado
quell'analisi per me non sia corretta ritengo che sia corretto il
risultato cui arriva, e cioè l'idea che una più stretta
regolamentazione (leggi una limitazione) nel commercio delle armi
potrebbe ridurre la probabilità di veder ripetere stragi come quella
del Connecticut.
Perchè,
qualsiasi altra cosa (oltre alla disponibilità delle armi) sia lamolla che genera nella testa dei carnefici l'idea di mettere su unaColumbine, è la disponibilità di armi da fuoco che permette loro di
essere efficaci nella loro azione.
Perchè,
pur essendo possibile uccidere anche senza far ricorso ad un'arma da
fuoco, nulla come queste rende facile a chiunque farlo: un esaltato
con un fucile d'assalto può massacrare una intera scuola prima di
essere fermato (ve lo immaginate un Breivik in una scuola elementare?) ma, per quanto determinato possa essere, avrebbe
enormi difficoltà a fare altrettanto ricorrendo a qualsiasi altro
mezzo di fortuna o arma e verrebbe fermato ben prima.
Per
cui credo che limitare il numero delle armi circolanti sia comunque
un buon deterrente per limitare determinati episodi prima di dovervi
spargere sopra delle lacrime. Anche a casa nostra. Se poi è possibile fare anche altro sarà tanto di guadagnato, ma quella sembra essere la leva più semplice ed efficace su cui agire.
Ciao
Paolo
3 commenti:
Della vicenda che ha suscitato questo post ciò che mi fa più schifo è che danno più rilievo alla strage statunitense, e molto meno a quanto è avvenuto in Afghanistan:
http://www.repubblica.it/esteri/2012/12/17/news/afghanistan_esplode_mina_anti-uomo_uccise_10_ragazzine-48909964
Enormi differenza tra chi può essere vittima di armi che vengono date in omaggio aprendo un conto in banca (ne ha parlato ieri Nicoletti a Melog), e delle bambine vittime di armi "lasciate in giro".
Buondì,
concordo con il senso del post.
È evidente che non è solo la disponibilità di armi la causa della diffusione della violenza, ma senz'altro contribuisce fortemente.
Segnalo solo che le armi pro-capite in Svizzera sono la metà rispetto agli Stati Uniti.
Il dato che ho trovato è 90 armi per 100 persone negli USA, 46 in Svizzera. Mi pare che ci sia una bella differenza. Senza togliere che in Svizzera tendono ad ammazzarsi parecchio meno.
Saluti
T.
@ MR:
io invece non lo trovo sbagliato.
In uno scenario di guerra (durante la guerra e dopo) muoiono anche i civili e, nelle guerre moderne, muoiono più i civili dei militari.
E' un'errore considerarli effetti collaterali: sono la parte più rilevante del conto, specialmente quando si utilizzano determinate armi.
Quando si sceglie di affrontare una guerra si mettono nel conto quelle vittime.
Ciao
Paolo
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