Buongiorno,
la pessima riapertura della borsa di Atene dopo il lungo stop imposto dalle trattative tra il Paese ellenico ed i suoi creditori mi porta a fare una ulteriore considerazione sulle modalità con le quali questi ultimi stanno dettando l'agenda politica alla Grecia.
Che ci si potesse aspettare qualche sconvolgimento dopo una chiusura protrattasi per oltre un mese era scontato, restava da capire di che segno sarebbero state e di quali dimensioni, fermo restando che l'economia greca non ha volumi tali da poter trascinare con sè il resto dei mercati europei (1).
E qualche sconvolgimento c'è stato: un esordio a -23% ed il successivo parziale rimbalzo sino al -16% nella giornata di lunedì, cui ieri ha fatto seguito un ulteriore -4% iniziale recuperato solo in parte nell'arco della giornata.
La cosa interessante, volendo osservarla da fuori, è che la variazione del valore del mercato borsistico greco esprime sostanzialmente in termini economici la stima del valore e delle prospetive che i mercati riconoscono all'economia greca a seguito del principale fattore intervenuto nel mese di chiusura: l'abdicazione di Siryza e Tsipras davanti alle condizioni imposte dalla Troika.
I mercati stanno quindi dicendo che ritengono che il trionfo dei creditori (che peraltro sono una componente primaria degli stessi mercati che stanno esprimendo la valutazione) sul fronte degli impegni necessari a sbloccare la seconda trance di aiuti, ha depotenziato di un quinto circa l'economia greca.
Direi che si tratta di una bocciatura totale dell'accordo, per di più data a sè stesso da parte di quel sistema fatto primariamente da banche e finanziarie che nel braccio di ferro tra creditori e Tsipras veniva da tantissimi fautori del rigore presa a modello di pragmatismo (!), davanti al presunto furore ideologico del governo greco.
Ed è una bocciatura peraltro ovvia, visto che imporrà alle nuove trattative, volte a sbloccare un terzo piano di aiuti, di ripartire da un punto in cui uno degli attori è un Paese le cui condizioni economiche e le cui prospettive di crescita sono state drammaticamente peggiorate dall'accordo e quindi nettamente meno capace di assolvere ai propri impegni presenti e futuri, ove anche non interessasse la sua partecipazione al mondo civile.
Mi sembra quindi che si tratti, per fare un parallelo scacchistico, di una di quelle mosse che permettono di mangiare un pezzo, ma conducono inesorabilmente alla perdita di uno o più pezzi di valore superiore un paio di mosse più in là, perchè ha condotto la Grecia ad un punto da cui sarà molto più difficile giungere ad un accordo sostenibile per gli aiuti a venire e, indirettamente, anche a tutelare i crediti vantati nei suoi confronti.
Mi sembra quindi che si tratti, per fare un parallelo scacchistico, di una di quelle mosse che permettono di mangiare un pezzo, ma conducono inesorabilmente alla perdita di uno o più pezzi di valore superiore un paio di mosse più in là, perchè ha condotto la Grecia ad un punto da cui sarà molto più difficile giungere ad un accordo sostenibile per gli aiuti a venire e, indirettamente, anche a tutelare i crediti vantati nei suoi confronti.
Ciao
Paolo
(1) Non da sola. Ma la lista delle situazioni preoccupanti (grandi come le bolle speculative vere o presunte del mercato cinese o come il rallentamento delle economie sudamericane, microscopiche come il default di Porto Rico o piccole come quello della Carinzia) è piuttosto corposa. Sarebbe stato bello se il nostro Paese avesse seriamente provato ad avvantaggiarsi dalla variazione del cambio tra euro e dollaro e dal basso costo della componente energetica, ma il suo governo ha preferito baloccarsi in altro modo -ovviamente traviato da gufi e rosiconi-, per cui rimaniamo un Paese ad altissimo indebitamento e con una economia asfittica. Un bersaglio ideale.
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