Buongiorno,
oggi scrivo un post pericoloso: mi accingo infatti a sfottere due autorevolissimi totem dell'economia italiana.
Pur condividendo almeno in parte lo spirito del loro articolo di ieri e ritenendo che sia indispensabile che lo Stato Italiano riduca rapidamente il suo colossale indebitamento scegliendo un cospicua quantità di asset non strategici e vendendoli (a partire dagli immobili e senza svendere), devo constatare che il magico duo Giavazzi & Alesina ci mette un discreto impegno proprio per screditare il contenuto dell'articolo stesso, e quindi mi riservo di sfotterli un po'. Come al solito, non fatevi scrupoli quindi a correggermi: data la mia competenza in materia sono ben conscio di danzare, bendato, in un campo minato.
Pur condividendo almeno in parte lo spirito del loro articolo di ieri e ritenendo che sia indispensabile che lo Stato Italiano riduca rapidamente il suo colossale indebitamento scegliendo un cospicua quantità di asset non strategici e vendendoli (a partire dagli immobili e senza svendere), devo constatare che il magico duo Giavazzi & Alesina ci mette un discreto impegno proprio per screditare il contenuto dell'articolo stesso, e quindi mi riservo di sfotterli un po'. Come al solito, non fatevi scrupoli quindi a correggermi: data la mia competenza in materia sono ben conscio di danzare, bendato, in un campo minato.
Il candidato illustri la differenza e le dipendenze tra debito, deficit e disavanzo primario (?!?, chi era costui?).
Perchè quando il magico duo scrive che "Ciò che ci impedisce di ridurre le tasse ... non è il deficit, ma il debito che continua a
crescere" mi sembra di ravvisare da parte loro delle idee un po' confuse su questi basilari concetti dell'economia. (1)
Perchè da quanto mi risulta il deficit pubblico e l'aumento del debito pubblico sono la stessa cosa, a differenza di quanto sembrano pensare i due algidi economisti (sempre siano lodati), mentre quello cui A & G sembrerebbero riferirsi quando parlano di deficit credo sia invece il disavanzo primario, che ne è solo una componente, mentre l'altra sono gli interessi sul debito.
Son cose che un economista non dovrebbe confondere. Nemmeno se con la triennale presa col CEPU, altro che MIT. Insomma, son cose che si trovano anche su wikipedia e se le ricorda confusamente (o almeno così crede) persino uno che ha fatto due soli esami di economia ad Ingegneria a Padova oltre venticinque anni fa, altro che MIT o Harvard... (2)
Passiamo alla seconda perla.
"venduto dallo Stato alla General Electric negli anni Novanta, il Pignone
è cresciuto diventando un’eccellenza mondiale nel settore delle turbine". DIVENTANDO?!?
Non c'è nulla da eccepire sul fatto che il Nuovo Pignone sia cresciuto a seguito dell'acquisizione da parte di General Electric nè sul fatto che molti timori relativi alle ipotesi di smembramento si siano dimostrati infondati e nemmeno che quella del Pignone sia stata probabilmente la più riuscita delle privatizzazioni italiane degli anni novanta.
Ma:
- si può sindacare sul fatto che per lo Stato italiano sia stata una cessione poi così conveniente, visto che il Nuovo Pignone generava consistenti fatturato e utili, ma non è questo il punto
- si può sindacare sul fatto che Nuovo Pignone sarebbe comunque potuta crescere in maniera altrettanto rilevante anche senza essere stata ceduta (anche se di questo personalmente mi permetto di dubitare alquanto, visto lo scarso valore del management che si è imposto nel tempo un po' in tutte le partecipate statali italiane), ma nemmeno questo il punto
- non si può invece sindacare sul fatto che Nuovo Pignone fosse già al tempo dell'acquisto da parte di GE un'eccellenza nel settore delle turbine (e non solo), fatto che G & A presentano invece come sviluppo successivo (e forse anche conseguente) alla privatizzazione. Non è così: General Electric acquistò il Nuovo Pignone perchè già parzialmente produceva su loro licenza, per la sua tecnologia (che in alcuni campi non era patrimonio degli americani) e per i suoi risultati economici e tecnologici, e intelligentemente ha continuato a svilupparli e trarne vantaggio, cosa che lo stato italiano ormai non può più fare.
Insomma, direi che con un po' di rigore in più e qualche affermazione avventata in meno l'articolo sarebbe stato più credibile e meno esposto ai tradizionali e giustificati sarcasmi del solito Seminerio.
Ciao
Paolo
(1) Il che, nel caso di Giavazzi ed Alesina, sarebbe un'enormità. Voglio dire, si tratta dei Batman e Robin dell'economia italiana... :-)
(2) Ricordo a chi intendesse triturare i miei algidi maroni che io non sono laureato nè specializzato in economia, non frequento nè il MIT nè Harvard, quindi nel caso stessi facendo casino, ne sono pienamente legittimato dalla mia conclamata incompetenza in materia. Peraltro credo che uno dei due famosi esami non l'avrei passato scrivendo cose simili. Ricordo altresì sempre ai lettori di essere acuto come una palla: non scrivo mica a fianco di Pigi Battista, io... :-)
2 commenti:
Quello a cui A&G si riferiscono è il fatto che da lustri l'Italia è in avanzo primario. Cioè, detto in altre parole: non stiamo aggiungendo più deficit (anzi, stiamo guadagnando di più di quanto spendiamo), ma lo facciamo comunque per finanziare il debito contratto in epoche precedenti. Senza detto debito la tasse potrebbero essere già abbassate di 30 miliardi.
In questo il ragionamento di A&G fila. Dove semmai è carente è quando scrivono che 'ci sono due modi per ridurre il debito: tassare oppure vendere'. Perché ce ne è anche un terzo: far crescere di più il PIL, affinché il peso del debito e dei suoi interessi percentualmente scenda. Tipo l'Irlanda.
@ PMS:
"ce ne è anche un terzo: far crescere di più il PIL, affinché il peso del debito e dei suoi interessi percentualmente scenda"
In questo in realtà li scuso: credo tu abbia ragione, ma temo che sia particolarmentre difficile farlo senza aumentare nell'immediato l'indebitamento e per di più in tempo di crisi.
Insomma, credo che sia evidente persino ai fautori dell'austerità espansiva che non è realistico ipotizzare che un tale percorso sia alla portata di politici come i nostri.
Ciao
Paolo
Posta un commento