Houston, abbiamo (più di) un problema.

Buongiorno,

alla mia personale disapprovazione nei confronti delle riforme istituzionali che il Presidente del Consiglio Renzi sta portando avanti, riforme che vincolano una ipotesi di maggior governabilità legata al superamento dell'attuale (e ormai indeguato) bicameralismo perfetto con un tentativo di rendere il voto un inutile corollario delle scelte dei partiti (perchè questo significa avere contemporaneamente la camera eletta con le liste bloccate e soglie di sbarramento elevate, avere un senato non elettivo e la necessità di un milione di firme autenticate per promuovere un referendum -che peraltro rimarrà unicamente abrogativo-), si sta aggiungendo una crescente preoccupazione per come il governo (non) sta affrontando la crisi economica.

Da un lato infatti l'annuncio dei famosi ottanta euro in busta paga che aveva generato in alcuni il dubbio che si trattasse di una mera mancia elettorale alla stregua di altre che abbiamo già visto (ultima in ordine di tempo l'abolizione dell'IMU) mi aveva trovato possibilista, in quanto restituiva capacità di spesa alle fasce sociali più bisognose (e più penalizzate negli ultimi anni) e, inserito in un quadro economico di riforme più ampio, avrebbe potuto diventare un primo passo d'avvio per ridare ossigeno all'economia.

Dall'altro mi ritrovo adesso a non vedere traccia alcuna di questa necessaria riforma organica del complesso normativo economico, nè alcuna apparente sollecitudine nel volerla affrontare, visto che Renzi si è da tempo avventurato nella lunga prova di forza intrapresa per promuovere le riforme istituzionali, che personalmente non ritengo prioritaria rispetto all'emergenza economica.

E questa scelta per me illogica temo denoti ancora una volta la scarsa coscienza della gravità del problema, scarsa coscienza che mi paia traspaia in pieno nella sconcertante affermazione "Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone" rilasciata giorni fa nell'intervista ad Alan Friedmann.

Non ci siamo gettati nelle braccia di Monti per sentirci raccontare la bufala che la nostra ripresa economica sarebbe arrivata unicamente al traino di quella degli altri Paesi (e infatti il Professore è rimasto politicamente impiccato all'incapacità di andare oltre la necessaria austerità) nè la stessa indigesta ricetta diventerà una raffinatezza da gourmet se preparata da Renzi, purtroppo.

Ciao

Paolo

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