Buongiorno,
sono appena usciti i dati relativi agli investimenti in R&D da parte di Eurostat, che confermano per l'Italia una serie di informazioni in parte scontate al punto di essere divenute luogo comune, in parte altrettanto scontate (perchè confermano un trend di lunga data), ma che pare facciano un po' di fatica a diventare una informazione nota al pubblico italiano (infatti anche stavolta passano in secondo piano nella comunicazione).
Nessuna scoperta, direi.
Ovviamente è confermato anche il luogo comune che i Paesi la cui economia cresce maggiormente investono di più. O forse, invertendo cause ed effetti, sarebbe più corretto dire che i Paesi che investono di più in R&D crescono di più, che ne dite? (1).
Ovviamente è confermato anche il luogo comune che i Paesi la cui economia cresce maggiormente investono di più. O forse, invertendo cause ed effetti, sarebbe più corretto dire che i Paesi che investono di più in R&D crescono di più, che ne dite? (1).
E se non possiamo confrontarci con la media Europea degli investimenti, che in proporzione valgono una volta e mezza quelli italiani, figuriamoci se possiamo confrontarci con gli investimenti dei Paesi nord europei (Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia,...) che viaggiano attorno a tassi del 3%, quindi in proporzione due volte e mezza quelli italiani.
Il fatto è che l'atteggiamento dell'italiano medio davanti a questo dato è quello di guardare con severo cipiglio allo Stato, convinto che non stia investendo a sufficienza ed aspettandosi che questo investa di più.
E qui i dati forniscono l'ennesima conferma di una cosa che non riesce a diventare scontata, ma che dovrebbe invece essere un luogo comune patrimonio di tutti: in Italia l'investimento in R&D che manca è da sempre ed in primo luogo quello delle imprese.
Infatti mentre in Europa mediamente le imprese "business" generano circa i due terzi degli investimenti (il 64% per amor di precisione), da noi si limitano a poco più della metà, e se volessi rigirare il coltello nella piaga mi metterei a
sfruculiare su quanto dell'investimento "business" italiano arrivi da
imprese a controllo pubblico come Enel, Finmeccanica,...
Come dire che l'R&D medio europeo generato dal settore dell'impresa privata vale l'1,2% del PIL, mentre per l'Italia si viaggia attorno allo 0,6% e forse meno.
Come dire che l'R&D medio europeo generato dal settore dell'impresa privata vale l'1,2% del PIL, mentre per l'Italia si viaggia attorno allo 0,6% e forse meno.
Come dire che Sergio Marchionne che pretende di stare sul mercato senza investire nello sviluppo di nuovi modelli è lo specchio autorevole di una classe imprenditoriale che fa pianamente altrettanto, riuscendo addirittura in alcuni casi ad ammantare una scelta rinunciataria dietro a concetti stiracchiati come tradizione o creatività e condannandoci al declino.
Ciao
Paolo
(1) Con l'eccezione del Giappone
4 commenti:
Buondì,
oltretutto bisogna andare a vedere cosa passa sotto il nome di R&D nelle imprese private. A volte non è esattamente "ricerca".
Il punto è sempre lo stesso, mi pare. La cattiva qualità della nostra classe dirigente e dei nostri imprenditori non è mai oggetto delle inchieste di denuncia, non è mai il bersaglio delle facili indignazioni.
Al contrario si fa di tutto per far sì che il disoccupato che passa la giornata davanti alla TV provi un senso di empatia per il povero imprenditore tartassato dalle tasse.
Censurando uno dei problemi gravi del Paese, non se ne esce.
Saluti
T.
@ T.:
... e non vado ad approfondire quanto di R&D fatto in Italia afferisce a multinazionali straniere che operano qui...
Ciao
Paolo
Mercato fatto da piccola e media impresa, quindi meno R&D da privato, quindi rimaniamo indietro, quindi le imprese che non ce la fanno dovrebbero chiudere.
Ed il buco è riempito da imprese che restano in vita (perché più forti delle precedenti), oppure ci sarà la creazione di nuove imprese.
Questo dinamica è alla base della crescita imprenditoriale per evoluzione, ma è un meccanismo che non ci entra in testa.
bye,
MS
@ MS:
fino a poco tempo fa sarei stato pienamente d'accordo con te, oggi solo in parte.
In realtà mi pare che adesso il modello di sviluppo aziendale preveda sempre più spesso che le grandi aziende acquistino i frutti dell'R&D sviluppato da piccole start up esterne, quindi anche le dimensioni aziendali sembrerebbero essere meno significative di un tempo.
Il che accentua ulteriormente l'enfasi sulla scarsa propensione all'innovazione degli imprenditori italiani.
Ciao
Paolo
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