L'estate dello scontento veneziano

Buongiorno,

quest'estate la cronaca veneziana è stata costellata di continue proteste per comportamenti incivili dei turisti che l'affollano, proteste che hanno travalicato spesso l'ambito locale per sconfinare nelle cronache nazionali e che hanno cominciato ad assumere un certo rilievo anche tra i sempre più rari e sempre più anziani residenti.

Un giorno erano le lamentele per quelli che fanno il bagno nei canali, il giorno dopo per quelli che, sbronzi, si tuffano dal Ponte di Rialto (e, sfigati, centrano il mototopo che vi transita sotto), quello dopo ancora per quelli che urinano dentro ai cestini delle immondizie o contro le sacre mura di una delle mille chiese della Serenissima, quello appresso per chi si (s)veste in maniera poco consona, bivacca sui gradini davanti a S. Marco, si abbronza sulle terrazze di qualche lussuoso albergo in Riva degli Schiavoni, lorda la città lasciando cumuli di immondizia,...


Purtroppo è tutto vero e la maggioranza delle lamentele, pur con alcune riserve, sono ampiamente condivisibili.

Quello che non condivido è l'oggetto, o meglio l'unico oggetto, dell'indignazione, cioè la massa dei turisti.

Perchè è giusto chiedere loro un rispetto particolare per un luogo speciale e straordinario, ma per essere titolati a farlo bisogna simmetricamente rispettare la controparte, mentre Venezia sta accogliendo i turisti che la affollano da tutto il mondo con sempre meno cortesia, ospitalità e rispetto.

Attrezzare i moli per ospitare un numero sempre maggiore di navi da crociera sempre più grandi e non adeguare contemporaneamente i servizi loro necessari a terra (1) non è rispettare gli ospiti, ma attirarli in trappola. 

Aver lasciato colonizzare l'intera città da negozietti che vendono pacchiane statuine di vetro spacciandole per vetri di Murano, grottesche maschere stampate contrabbandate per raffinata opera di artigianato, souvenir dozzinali spacciati per rinomato made in Italy, significa essere stati complici dell'inganno di cui sono vittime.

Costringerli ad affidarsi per qualsiasi esigenza minima (dal dissetarsi all'andare in bagno) a bar e ristoranti troppo spesso esosi, che vendono prodotti di scarsa qualità e che in larghissima parte hanno l'apice della propria professionalità nella spennatura di un pollo che sanno non rivedranno mai, significa disprezzarli apertamente.

Parte del disagio di cui i veneziani ed i nostri media si lamentano sono anche conseguenza diretta di tutto ciò: se non ci sono bagni pubblici qualche deficiente finisce con l'urinare bestialmente ovunque, se godo del fatto di vendere le bottigliette da mezzo litro d'acqua minerale ad un euro e mezzo non posso lamentarmi dell'immondizia composta per metà dai loro vuoti accatastati attorno ai cestini stracolmi,...

Se, in definitiva, trasformo Venezia in una brutta caricatura di Disneyland devo aspettarmi che i suoi frequentatori sbrachino come e peggio che se fossero a Disneyland.

E, per finire: se i turisti che frequentano Venezia torneranno a casa portandosi troppo spesso l'esperienza di prodottini made in China di scarsa qualità spacciati per artigianato locale, di pizze industriali surgelate servite poco cotte, di vino in cartone spacciato per Brunello, di cucina approssimativa millantata come tradizionale e di tutto il corollario con cui i turisti vengono troppo spesso turlupinati..., il problema non sarà di Venezia (dove comunque la stragrande maggioranza di loro non sarebbe ritornata e dove comunque in moltissimi continueranno a voler venire), ma di una Italia che in Venezia ha una delle vetrine più visibili e potenzialmente più raffinate trasformata in un cartellone pubblicitario poco meno che osceno.

Ciao

Paolo

(1) Quand'ero ragazzo i turisti a Venezia erano probabilmente meno della metà di quelli attuali, ed i bagni pubblici sicuramente più del doppio. Temo che per i posti in vaporetto valga lo stesso discorso. E probabilmente anche per le fontanelle pubbliche dove dissetarsi o le panchine dove sedersi un attimo a riposare.

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