Un otto marzo un po' particolare

Buongiorno,

oggi scrivo con una certa incredulità un post un po' meno cupo del solito su un argomento dove l'Italia, tradizionalmente, occupa una posizione non invidiabile tra i paesi occidentali: quello della discriminazione di genere.

8 marzo
Che l'occupazione femminile italiana rispecchi una profonda discriminazione di genere è una ovvietà evidenziata da tutte le statistiche in materia, che evidenziano per di più come, malgrado un livello di scolarità superiore a quello maschile, le donne rimangano ai margini delle posizioni dirigenziale e decisionali. Per fare un esempio emblematico ci sono molte più donne laureate in medicina che uomini, ma la proporzione si inverte se guardiamo il numero dei primari. E ngli altri campi avviene la stessa cosa.

La cosa ha radici culturali profonde nel tessuto italiano: molti di coloro che abbaiano contro il Presidente del Consiglio per la scarsa considerazione delle donne che i suoi comportamenti privati sembrerebbero evidenziare, all'atto pratico danno per scontata la medesima discriminazione, quando addirittura non la favoriscono, persino quando si tratta di donne.

In questo contesto non posso che sperare che due notizie di ieri abbiano un reale impatto sulla realtà italiana: la riforma che vuole rendere più semplice conciliare la vita familiare con quella lavorativa e quella che introduce le quote di genere (una volta si sarebbe detto quote rosa) nei CDA delle aziende.

Parità o "figlia d'arte"?
Ora, non conosco nei dettagli le due iniziative, e spesso il diavolo è proprio lì che si annida, posso avere alcune perplessità sull'adozione delle quote rosa (che considero il minore dei mali, non un bene tout court), mi immagino che da domani nei CDA vi sarà un florilegio di mogli, amanti, figlie, segretarie del paròn,  mi rendo conto la prima delle due riforme citate sottintende di fatto che il peso della famiglia debba continuare a pesare sulle donne e che tende ad inserirle in ruoli subalterni, temo che vi sia un forte desiderio di "effetto annuncio",  ma, malgrado tutto ciò, sono convinto che da queste due iniziative un minimo di effetti positivi lo avranno, persino al di fuori del campo della riduzione della discriminazione di genere.

Due esempi: favoriranno l'introduzione in ambito aziendale di rapporti di lavoro flessibili anche da parte delle aziende e costringeranno un establishment economico incartapecorito ed ingessato come quello italiano a rinnovarsi almeno un po', e questi saranno due magari piccoli passi oltre l'attuale imbarazzante status quo.

Ciao

Paolo

1 commento:

x ha detto...

Fra le tantissime opinioni che ho scorso ieri sul tema, faccio mio questo stralcio dal pezzo dell'Annunziata di oggi su LA STAMPA:


"La parità per imposizione, l’uguaglianza ottenuta dall’alto, non è certo un orizzonte entusiasmante per la metà del cielo dei cittadini.

Fra le donne che hanno sempre dato battaglia, ma anche fra quelle che semplicemente si sono limitate a difendere il loro percorso nel mondo del lavoro, le quote sono ragione di disagio spesso, di controversia sempre.

Paradossalmente, vi sono dentro principi offensivi proprio della parità: la definizione di uno status speciale lavorativo è infatti molto simile alla formalizzazione del ghetto; e la abolizione del merito a favore del «genere» è una indubbia offesa della pari dignità intellettuale."