non so se questo sia un post sulla cattiva informazione o sull'art. 18: probabilmente un po' dell'uno ed un po' dell'altro, vedete un po' voi.
In attesa di conoscere le motivazioni dell'ultimo caso di reintegro sul posto di lavoro frutto dall'ormai famigerato art. 18, la maggior parte dei giornali che riportano la notizia si affrettano a titolare contro l'assurdità della sentenza e della legge. Cito i garantisti de noantri.
In attesa di conoscere le motivazioni dell'ultimo caso di reintegro sul posto di lavoro frutto dall'ormai famigerato art. 18, la maggior parte dei giornali che riportano la notizia si affrettano a titolare contro l'assurdità della sentenza e della legge. Cito i garantisti de noantri.
Il Giornale :"Una sentenza assurda: la truffa dell'art. 18"
Se vi fermate al contenuto di quei due articoli, (difficilmente
troverete di più) non potrete che pensare che l'art. 18 o almeno la sua
applicazione siano assurdi, visto che impone al datore di lavoro la
riassunzione di un truffatore.
Se avete la pazienza e lo stomaco di leggerli scoprirete infatti che si parla del tizio che era stato riconsciuto nel settembre 2010 tra i contestatori di Bonanni (non tra quelli violenti) la "sera del lacrimogeno" mentre risultava in malattia.
Ma il giudice è davvero stato necessariamente così irragionevole come appare ai nostri stimatissimi giornalisti?
Magari se si dicesse che secondo il licenziato (che forse avrà avuto modo di comprovare in tutto o in parte quanto affermava) il periodo di malattia era dovuto alla necessità di evitare di movimentare carichi pesanti -attività che nessuno sostiene abbia svolto alla manifestazione ma essenziale al suo lavoro, visto che si tratterebbe di un operaio edile- in vista di un piccolo intervento chirurgico previsto di lì a pochi giorni, la cosa potrebbe avere un sapore un po' diverso.
E magari se si dicesse che la visita fiscale di cui era stato oggetto il giorno stesso della manifestazione aveva confermato il periodo di stop, magari il sapore cambierebbe ancora un po'.
E magari cambierebbe ulteriormente se si dicesse che i fatti non sono avvenuti all'interno dell'orario di disponibilità in cui il lavoratore in malattia deve essere disponibile per la visita fiscale, che infatti lo ha trovato a casa.
Insomma, per quanto la situazione mi appaia spiacevolmente equivoca, devo ammettere che esiste una versione che potrebbe smentire il fatto che si trattasse di un finto malato, che si trattasse di uno scioperante (al massimo di un manifestante, ma su certi giornali non si va certo per il sottile) e che avesse qualche obbligo a non essere dov'era o a non fare quello che stava facendo .
Devo constatare che invece in questa situazione ed in attesa delle motivazioni della sentenza c'è chi sceglie di sostenere pubblicamente che i giudici siano talmente irragionevoli da aver reintegrato un falso malato che abusava del diritto ad assentarsi per motivi di salute, piuttosto che credere che il licenziato abbia potuto comprovare di non aver contravvenuto ai propri obblighi nei confronti del datore di lavoro (guarda come sono garantista, arrivo ad invertire l'onere della prova), ed addirittura di farne un caso emblematico.
Perchè l'alternativa è credere che ci sia chi considera una follia disporre il reintegro di chi è stato licenziato per aver fatto quello che poteva fare.
Sono sicuro che, se nelle motivazioni della sentenza venisse confermato che esistono 2 certificati medici di due medici diversi attestanti la necessità dell'intervento chirurgico e del riposo preventivo, e quindi la sussistenza dei motivi dell'assenza, nonchè il fatto che l'operaio si fosse reso reperibile alla visita fiscale e che potesse legittimamente trovarsi ad una manifestazione al di fuori dell'orario di reperibilità, nessuno si sognerebbe di considerare il licenziamento emblematico di come i datori di lavoro vorrebbero licenziare arbitrariamente i propri dipendenti, e quindi della necessità dell'art. 18 a tutela delle figure più deboli (o scomode o antipatiche) nel rapporto di lavoro.
Ciao
Paolo
15 commenti:
Direi che è un post sul cattivo giornalismo. Contro cui non vedo difese.
Le testate da pescivendolo che citi sono annoverate tra le più importanti e godono di un rispetto che non meritano.
Saluti
T.
Il problema appunto è che queste testate vengono lette da troppe persone. Le quali persone poi vanno a votare, sulla base delle "informazioni" lette su questi "giornali".
Sono d'accordo con alcune idee di Tommaso: siamo sicuri che il mio voto di cittadino informato (cioè dotato di un sano spirito critico verso qualsiasi cosa legga o veda) sia equivalente al cittadino NON informato (per scelta o per pura e semplice ignoranza - ovviamente intesa non in senso dispregiativo)? Credo che sia un baco, anche molto evidente e non risolvibile, del sistema democratico.
Renzo
http://www.liberoquotidiano.it/news/931041/Travaglio-uccide-il-Papa-Vaticano-Tutta-fantasia.html
A proposito di testate da pescivendolo, guardate che bel titolo di articolo ha Libero...
@Renzo
è proprio un bug della democrazia.
Il problema è chi decide quale sia la "verità oggettiva" di una notizia. Non se ne esce facilmente.
T.
@ Tommaso
Secondo me il punto non è sapere chi è che decide la verità oggettiva di una notizia (mission impossible).
La vera sfida è educare le persone ad avere un vero spirito critico, in modo tale che sappiano RAGIONARE quando hanno davanti una qualsiasi notizia, che sappiano distinguere la propaganda dalla notizia, l'opinione dal fatto.
Immagino sia una questione di livello ma soprattutto di TIPO di istruzione.
Potrei sbagliarmi ma credo che negli USA, con tutti i limiti di ipocrisie e quant'altro, la maggior parte della popolazione sappia dare il giusto peso alle informazioni. E credo sia dovuto proprio al tipo di istruzione, sono maggiormente portati a insegnarti ad usare la tua testa. Per fare un esempio banale: se il compito è leggere un libro, là ti chiedono cosa ne pensi del libro, in Italia ti chiedono un riassunto del libro.
@renzo
concordo sul fatto che l'istruzione sia il nodo fondamentale per avere quello che io sintetizzo con spirito critico. Che presuppone una cultura minima alle spalle.
Su quanto accade negli Stati Uniti sarei meno ottimista, anche se più per sentito dire che per conoscenza diretta.
Rimane il fatto che non è nell'interesse della classe politica attuale un aumento del raziocinio medio, per così dire. Per questo credo sia difficile uscire da questo corto circuito.
Saluti
T.
Dal mio punto di vista trovo strano? spiacevole? preoccupante? il fatto che sulla stampa, in generale, il fatto venga presentato solo (ed in maniera incompleta, falsa ed omissiva) dal punto di vista di chi presume pregiudizialmente che vi sia stato un abuso nell'applicazione dell'art.18: se andate a cercare non troverete testata che esulti per il reintegro (e qui poco male: due errori non fanno una ragione), nè (e questo è più grave) testate che segnalino il fatto rimandando i commenti a quando la sentenza sia nota.
Alla fine di questo processo il risultato quale sarà? che giustamente o meno questo fatto sarà comunque ascritto a quelli che servono a dismettere l'articolo 18.
E qui non è più un problema di capacità critica: sui media viene data una sola interpretazione e vengono nascosti gli elementi per avallarne una diversa...
Ciao
Paolo
@ Paolo
Devo dissentire. Anche in questo caso entra in gioco la capacità critica del lettore/ascoltatore.
Stamattina non appena ho sentito per radio la notizia nella rassegna stampa, ho subito pensato che era completamente assente la motivazione dei giudici, quindi che era una notizia incompleta e quindi (almeno per me) non credibile.
Infatti poi il tuo post mi ha illuminato. ;)
Nella stragrande maggioranza dei casi, quando un parass... ahem un giornalista cita una sentenza, riporta in modo sciatto e impreciso la cosa, cercando il titolo a effetto.
Il senso critico porta a dare importanza nulla a un articolo giornalistico in cui compaia la parola Cassazione.
In genere, oltre a travisare nei fatti il senso della decisione del giudice, si fa il salto logico per cui, ciò che è stato deciso in un caso particolare varrà in futuro per tutti i casi, anche solo vagamente simili.
Saluti
T.
@ Tommaso
La cosa che trovo grave è la perenne ricerca della semplificazione giornalistica (oltre alla faziosità ovviamente) quando si trattano argomenti COMPLESSI riguardanti l'ambito giuridico, in particolare appunto le sentenze, che presuppongono un processo sempre molto articolato e decisioni ragionate e mai banali. Il giornalaio, pardon, il giornalista tipico invece, per arrivare al titolone da prima pagina, riassume e BANALIZZA.
@ Paolo
sull'art. 18
http://www.rainews24.it/it/news.php?newsid=161496
@renzo
è il cerchio dell'ignoranza che si chiude: se i giornalisti sono scelti tra i più pigri e i più ignoranti questo comporta che
1) non hanno voglia di approfondire
2) non hanno le capacità, intese come base culturale
Il tutto condito con la presunzione che "la ggggente vuole questo".
Come dico sempre, uno dei problemi più gravi sono proprio loro.
Saluti
T.
@ renzo:
grazie della segnalazione.
Il dato sarebbe in effetti sorprendente.
Da quello che leggo mi pare che però i conti non tornino: mi pare di capire che i 7.800.000 lavoratori alle dipendenze di aziende oltre i 15 dipendenti (su 12.000.000 totali) vengano considerati tutti a tempo indeterminato e quindi tutelati.
Ma le grandi aziende sono le più attive nello sfruttamento di contratti precari di ogni tipo, contratti cui l'art. 18 non si applica.
Ed in effetti, sempre la CGIA di Mestre, ad aprile 2011, affermava che in Italia ci sono oltre qusttro milioni di precari.
http://www.americaoggi.info/2011/04/10/24037-quattro-milioni-di-precari-italia
Se metto insieme i dati ricavo che tutti i precari lavorerebbero nelle piccole aziende e che nelle piccole aziende si lavora solo da precari, il che non è.
Credo che la lettura corretta sia che 7.800.000 lavoratori siano alle dipendenze di aziende al di sopra dei 15 dipendenti, ma molti di questi non siano tutelati dall'art. 18 perchè assunti con contratti precari.
E mi aspetto che quei 4 milioni di precari si trovino più nelle grandi aziende che nelle piccole, visto che la tanto apprezzata libertà di licenziamento dei precari è un fattore di discrime che le piccole imprese non hanno, visto che possono licenziare senza necessità di giusta causa comunque...
Ciao
Paolo
io sul sole24 ore ho letto una notizia abbastanza particolare:
un dipendente delle poste, o di qualche agenzia di spedizioni la sera spacciava cocaina.
la società lo licenzia e il giudice reintegra.
Sembrerebbe assurdo.
Era dalle parti del trentino se non sbaglio.
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