Buongiorno,
anche oggi vi propongo un
post ispirato dalla crisi greca, perchè ritengo che l'incapacità
dei politici europei di giungere ad una soluzione, situazione che ha
spinto ogni giorno di più il Paese ellenico sul ciglio del baratro
(e l'Europa molti passi indietro nel suo percorso unitario), sia
figlia diretta della loro rinuncia ad esercitare il proprio potere nei
confronti di economia e, soprattutto, finanza.
Intendiamoci bene: non mi
sentirete mai dire che un Paese che raggiunge i livelli di
indebitamento greci abbia una qualche possibilità di esercitare una
propria politica al di fuori dei margini che i creditori gli
concedono e non mi sentirete mai dire che, a casse vuote, esista un
singolo politico in grado di far funzionare i servizi che trasformano
un territorio abitato in uno Stato.
In questo senso sono
perfettamente d'accordo con chi sostiene che l'economia esercita un
ruolo di primazìa rispetto alla politica perchè le detta i limiti
del possibile, limiti che la Grecia aveva abbondantemente ecceduto.
Esiste però da decenni
una forma di pensiero politico di stampo neoliberista che muove da
questo punto per spingersi ben oltre e far sì che qualsiasi aspetto
economico venga considerato prioritario rispetto ad ogni altro,
pensiero che si è diffuso ampiamente praticamente in tutta
Europa e che, benchè evidentemente di destra economica, ha di fatto colonizzato anche la maggior parte dei partiti di sinistra di massa che vi si
sono progressivamente più o meno apertamente adagiati sopra.
Si tratta di una forma di
pensiero per cui si accetta che non sia più l'economia
reale a dettare i limiti del possibile, ma lascia che sia la finanza
(1) a reggere il timone delle decisioni dei vari Stati, con una
rinuncia da parte di questi e dei loro politici ad avere un ruolo di
guida ed indirizzo nei confronti delle economie dei loro Paesi, se
non addirittura con i politici che si mettono completamente ed
acriticamente al servizio della finanza, dimenticando che la loro investitura viene dai cittadini allo scopo di rappresentare primariamente i loro interessi, e non quelli della finanza..
Blair portò su queste
posizioni i Labour inglesi, Renzi ha perfezionato in tal senso il
percorso iniziato da Dalema, lo stesso Zapatero mi pare che abbia
fatto la stessa cosa in Spagna.
Cosa significhi una
posizione simile lo stiamo vedendo adesso in Grecia, dove, in mezzo
ad una contrarietà diffusa tra tutti gli altri governi esteri
chiamsti al tavolo delle trattative (2), si sta mettendo in discussione la scelta
effettuata dai predecessori di Tsipras di tutelare la finanza i creditori internazionali a
totale scapito dei cittadini, cui sono stati progressivamente fatti mancare
servizi essenziali in misura sempre maggiore sino di fatto ad
uccidere il Paese stesso.
C'è da sperare che
davanti ad una simile dimostrazione di irrilevanza davanti alla
finanza i politici europei traggano buon insegnamento e provino a
riprendersi il ruolo di guida per il quale li votiamo. Perchè non
credo che nessuno di noi li voti per essere servi della banche, come
si stanno dimostrando da ormai troppo tempo.
Ciao
Paolo
(1) la differenza è
enorme: basti pensare che la finanza speculativa ha gonfiato il
valore dell'ammontare complessivo dei derivati in circolazione ad
oltre sette volte il valore del PIL mondiale: immaginate quale valore
reale possa avere una simile quantità di carta...
(2) contrarietà
incrinata da chi, forse, comincia a prendere atto di aver fatto
troppi passi indietro nel proprio ruolo di guida e che ha nella
Germania, che peraltro da parte sua non ha mai rinunciato ad esercitare il proprio
controllo sull'economia, il proprio principale alfiere
1 commento:
Ciao
D'accordo con te al 100%.
Se non l'hai già letto ti giro questo post (interessanti anche gli altri post del blog)
di Luigi Zingales, uno che certamente non può essere accusato di essere di sinistra, in particolare sulle critiche alla Germania.
Ti giro anche questo articolo di Adriana Cerretelli sul sole24ore.
Saluti.
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