Alain Prost, ma con lo sconto

Buongiorno, oggi post di Bart27, che ringrazio, con un suo punto di vista sulla nuova legge sul prezzo dei libri.

Sopportate, per cortesia, poche righe per una rapida descrizione dell'antefatto.

L'altro giorno è stata approvata la legge Levi sul prezzo dei libri. Dice sostanzialmente che le grandi piattaforme non possono esagerare con gli sconti, altrimenti i piccoli rivenditori indipendenti - non avendo spalle sufficienti per allinearsi a quei prezzi - sono destinati a soccombere. Leggi simili, in certi casi ben più rigide, sono presenti da tempo in svariate nazioni europee, a partire da Francia, Germania e Spagna.

Innanzitutto, in generale, gli sconti sono veri sconti? Se fate un giro in un supermercato ne troverete tonnellate, in molti casi permanenti (lo sconto, per definizione, sarebbe un'eccezione che dura un tempo limitato). Quindi, nel calcolare un prezzo, non è che ormai il "vero" prezzo è quello scontato e quello teorico è solo individuato in funzione del primo?


Vi faccio preliminarmente questa domanda perché in giro si sentono voci critiche verso la legge Levi. Alcuni sostengono che con gli sconti chi ha meno soldi può accedere alla cultura con più facilità, e dunque questa legge andrebbe contro i lettori: dal mio punto di vista non è così. 

E' il classico caso dove se ci si ferma alla buccia si traggono certe conclusioni, ma se invece si contestualizza il problema e lo si guarda considerando tutti gli aspetti della filiera si traggono conclusioni opposte.
Si va incontro ai lettori creando le condizioni perché ci sia concorrenza leale mentre  attualmente, il mercato editoriale è severamente regolato da un oligopolio, ho difficoltà a chiamarlo "mercato". La legge Levi interviene per controbilanciare questa situazione, intervenendo su uno specifico aspetto in mezzo a tanti altri ancora irrisolti.
Se questo specifico aspetto – quello dei prezzi – non fosse stato affrontato, e si fosse lasciata questa situazione di far west si sarebbe continuato a procurare mancati guadagni ai tanti che non possono fare gli sconti che fa la grande distribuzione. E quindi solo le grandi catene e le grandi piattaforme come Amazon o Fnac potrebbero andare avanti, mentre i librai indipendenti, di solito medio-piccoli, sarebbero destinati all'estinzione.

E qui arriva il punto. E' giusto regolamentare un mercato ponendo dei limiti a certe pratiche? Hanno senso le norme anti-trust? Se il mercato va in una certa direzione si può intervenire per correggerla là dove in gioco c'è un bene primario, come ad esempio l'acqua, l'informazione, la cultura?

Ecco, bene primario. Cos'è un bene primario?

Se il mercato decide che vince la grande distribuizione e quindi soccombono i piccoli negozi di alimentari bisogna lasciar fare? Non è un bene primario vivere in un quartiere che non è un dormitorio, ma essendo popolato di varie cose, tra cui i negozini dove fai due chiacchiere, è anche vivibile? Non è un bene primario avere librerie DIVERSE le une dalle altre, perché sono indipendenti e SCELGONO i libri che vendono, e magari li conoscono anche un pochino? 

Se vince la grande distribuzione, le grandi catene, le grandi piattaforme, succede che "i posti al sole" dell'offerta libraria di tutta una nazione vengono praticamente decisi da non più di 20-30 persone: è una cosa sana secondo voi? Per cui, pur di avere forti sconti siamo disposti a mettere in crisi un assetto che aiuta a preservare la "bibliodiversità" e a mantenere una concorrenza leale tra grandi, medi, piccoli editori e librerie?

So che anche tra i piccoli editori c'è chi contesta il fatto che non vi sia più la possibilità di gestire clienti e/o situazioni particolari utilizzando sino in fondo lo strumento dello sconto: se io badassi al guadagno immediato sarei favorevole agli sconti selvaggi. Se pubblicassi solo (intendiamoci, è solo un esempio) le barzellette di Totti, che mi importa del libraio? Catene a go go, marketing, algoritmi e l'incasso lo faccio lo stesso...

Se guardo in prospettiva, invece, li contrasto, perché questi sconti uccidono il libraio indipendente che è ancora cruciale per vendere buoni libri, è l'intermediario che permette di raccontare e consigliare.

La gestione dei clienti particolari è indipendente dalla distribuzione: in quei casi il piccolo editore fa il prezzo che vuole e continuerà a farlo, c'è un rapporto diretto col cliente, non mediato dal distributore. La legge che limita lo sconto difende il piccolo editore di qualità non direttamente, ma "di sponda", nel momento in cui difende il libraio indipendente, che è il principale venditore capace di piazzare l'editoria di qualità.
Negli altri circuiti non c'è proprio concorrenza, nel senso che il piccolo editore viene escluso a monte.

Vi lascio con due fatti su cui riflettere.

1) il "mercato" è fortemente indirizzato verso l'eliminazione di corsi di laurea con pochi studenti. In molti atenei sono a rischio  corsi di laurea come Storia Romana: li manteniamo o li chiudiamo?

2) Una volta volevo fare un regalo a un mio cugino che aveva fatto la maturità. Entro in una grande catena (di cui per pietà non faccio il nome) e chiedo la Recherche di Proust. Il commesso si dirige verso un settore, lo seguo. Sorpreso, mi accorgo che stava cercando questa fantomatica Recherche nel settore degli sport, dei motori... della Formula 1.
 

Buona estate

Saluti

bart27

Per informazioni e aggiornamenti leggere qui.

20 commenti:

Clem ha detto...

Due cose:
- Luca Sofri su ilpost.it ci ha fatto tutta un'analisi bella ma pipposissima in dodici pratici volumi che la Recherche al confronto è come i toppini che si mettono sotto alle sedie per non rigare il pavimento. È comunque interessante se si hanno quelle due o tre ore. Il succo è quanto dice bart, anche se il focus è meno su grande distro vs piccola distro e più su "se vendiamo solo ciò che vende (tipo le barzellette di Totti), la cultura scompare". Verissimo.
- Ma qualcuno di voi, seriamente, va dal libraio piccolino e si fa consigliare su cosa leggere?! Questo mito del gentile piccolo commerciante nel suo negozietto silenzioso, coi doppi vetri in vetrina, che quando entri la porta fa dlindiling, tutto con gli interni in legno massello, col gilé e i baffoni che sorride bonariamente...
Io non faccio SHOPPING di libri così come non lo faccio di scarpe e vestiti, quando mi servono dei pantaloni SO quali voglio (al netto di decidere tra diversi jeans o diversi frescolana da Brooks Brothers) e vado a prenderli. Idem coi libri, William Gibson twitta "è uscito il mio libro", oppure un mio amico mi consiglia Robert Forward e trac, esco e vado in FNAC. Oppure ordino in rete. O scarico sull'ebook.
Ah, e il gentile piccolo mitico commerciante delle favole nella mia esperienza costa una cifra e spesso ci ha le palle girate :)

PaoloVE ha detto...

@ clem:

pur essendo un pessimo lettore (leggo quasi solo best seller) mi ritrovo in quanto scrive Bart.

Mi sono accorto che nella fascia più economica della gande distribuzione (supermercati, autogrill,...) i vantaggi economici non sono poi sto granchè (ad esempio dagli sconti sono escluse le collane tascabili e spesso anche quelle economiche), in compenso alcune case editrici, che sono una discreta garanzia di qualità semplicemente non esistono.

Di Sellerio trovi praticamente solo Camilleri. Adelphi non la trovi praticamente più (Adelphi! mica il microeditore che pubblica a pagamento). Minimum fax o Marcos y Marcos : sconosciuti.

Insomma non possiamo ridurci solo a Mondadori, perchè con tutto il rispetto e la stima, Mondadori non pubblica tutto.

E l'esempio di Prost è meno paradossale di quanto si potrebbe pensare. In una libreria di grande catena (quindi non al supermercato), mi è capitato di indirizzare (io! non doveva essere una cosa particolarmente astrusa quindi) un cliente verso il libro che cercava, mentre il commesso non sapeva che pesci prendere perchè probabilmente aveva digitato male qualcosa al computer oppure il titolo era fuorviante, adesso non ricordo...

Ciao

Paolo

bart27 ha detto...

@ Clem

"Quando mi servono dei pantaloni SO quali voglio e vado a prenderli. Idem coi libri"

Hai centrato un punto cruciale Clem, quello del come si scopre un libro. In quale momento e dove tu scopri un libro e SAI che lo vuoi acquistare?

E' vero, quel libraio di cui si parla è una figura romantica in via di estinzione, ma prendine, diciamo, il succo. Lui ti consiglia anche se sta zitto, anche se tu non gli chiedi niente. Come? Semplicemente offrendoti scaffali e vetrine popolati di libri diversi dalla vetrina della tal catena o della tal altra. (che questo succeda sempre meno siamo d'accordo, ma esistono ancora librai del genere).

Cosa intendo dicendo "prendine il succo"? Dico che bisogna mantenere dei "luoghi" sia fisici che virtuali dove una vetrina, una selezione, una proposta di libri sia decisa da esseri umani che hanno dei gusti e fanno delle scelte.

Mentre adesso, invece, i "posti al sole" o sono algoritmici, automatici, oppure vengono decisi sempre più da pochi, con criteri discutibilissimi, con logiche sempre più omologanti, il cui criterio è sempre più cio che la maggioranza vuole: guarda la vetrina di IBS, Amazon, guarda quali libri vengono ben esposti in un supermercato.

L'aspetto decisivo è percepire la varietà. Oggi c'è abbondanza, che non è automatico che sia varietà. Ma l'abbondanza ha un potere suggestivo forte: può sembrare varietà. La prima volta che ho percepito poco varia l'offerta di una libreria, mi è successo anni fa al ritorno dalla prima visita alla Fiera del libro di Torino. Dove erano, mi chiedevo, tutti questi bei libri?

Mi dirai: ma il buon libro me lo consiglia l'amico, con una mail, in un social-network o in un blog.
Ti rispondo: e lui come l'ha scoperto? Sì, da un altro amico, okay, ma intendo dire, andando a ritroso, dov'è l'origine della notizia "è uscito il tal libro"?
.

Clem ha detto...

Paolo: io forse mi ci ritrovo difficilmente perché gli Adelphi sono rilegati carini ma ci sono delle bojate pazzesche pure lì. Nell'esempio dello shopping, con i jeans di H&M per il tempo libero e i pantaloni strafighi per andare dal cliente di Brooks Brothers: H&M o BB sono l'autore, non l'editore.
Bart: se devo andare a ritroso, il mio gusto si è formato con il libro obbligatorio al mese del liceo, e ho avuto prof bravissime. Quindi ormai cerco per quell'autore che so che mi piace o quel genere che so che mi piace. Per quanto mi riguarda quanto mi consigliano gli amici o quanto leggo su internet come recensione sul blog, ad esempio, di WuMing o di Evangelisti, andare a fare troppo backtracking mi sembra inutile. Da qualche parte un libro deve nascere, e una vetrina è sia quella del piccolo libraio sia quella di Feltrinelli, sia una pagina di Anoobi. Da qualche parte c'è sempre qualcuno che, dovendo finire il mese in nero, compie una scelta. Multipli attori e multiple vetrine sono garanzia di varietà, sono d'accordo con te. Le vetrine del futuro sono sparse tra blog, twitter e SN.
Il mio commento era davvero puramente incentrato su questo mito del libraio gentile stile Storia Infinita che è per l'appunto un mito ma viene usato come ariete per l'argomento sulla varietà di vetrine :)

MS ha detto...

Personalmente, appassionato di divulgazione scientifica, non amo le librerie piccole poiche' spesso non hanno questo genere negli scaffali.
Quindi, nel mio caso, la legge Levi produrra' un aumento di costo, piccolo aumento. Non vedo altri effetti.
Guardando un mondo dominato dalla sola grande distribuzione, ammetto che l'offerta potrebbe appiattirsi, ma immagino che gli effetti negativi siano superati da quelli positivi.

Per quanto riguarda l'esempio di Proust, io ne ho nella casistica diversi simili. Il problema credo sia correlato al numero di dipendenti/estensione metrica del negozio in un contesto di poca attenzione da parte degli stessi dipendenti. Ma la questione sposta il focus dalla legge. In ogni caso, lo shopping digitale penso non soffra di questo problema :-)

Ed e' proprio qui secondo me il punto, Questa legge rende piu' difficile l'inserimento nel mercato italiano di realta' digitali. Questo e' il problema. Non credo che la legge sia nata per salvaguardare l'offerta, ma per cristallizare il mercato, e le posizioni dominanti attuali.

Saluti,
Mariano

Clem ha detto...

Aggiungo a scanso di equivoci: non è che twitter e la rete siano la panacea a tutti i mali, sono parte del sistema, i trending topics su twitter si pilotano facilmente eccetera. Quello che intendo è che sapendo io cosa voglio, so chi seguire.
Sospetto che il problema non stia tanto nelle modalità di diversificazione dell'offerta culturale, quanto nel fatto che molta gente non sa cosa le piace, non sa cosa leggere e non ha cultura, quindi la vetrina è tutto quel che ha per orientarsi.
Non sono il primo a pensarlo, già in molti nel thread lanciato da Luca Sofri parlano del declino della qualità nell'offerta scolastica come una delle concause della massificazione dell'offerta culturale.

PaoloVE ha detto...

@ Clem:

"molta gente non sa cosa le piace, non sa cosa leggere e non ha cultura, quindi la vetrina è tutto quel che ha per orientarsi"

Penso la si possa vedere anche in maniera diversa. In molti presumono di sapere cosa gli piace (nel senso che, se non leggono qualcosa, non possono sapere se gli piace o meno -esempio personale: prima di leggere Tolkien ero convinto che il fantasy fosse una unica omogenea distesa di sterco. Poi ho letto il Signore degli Anellied ho dovuto riconoscere che c'era anche altro-).

E la vetrina è uno dei canali per scoprire altro, anzi uno di quelli più efficaci, visto che, specialmente nella realtà digitale, si tende ad accedere alle opere per aree tematiche.

Ti è piaciuto Larson? ti propongo anche Jo Nesbo. Ma ti lascio pascolare sempre nello stesso recinto e masticare la stessa erba. Negli store online il meccanismo è estremamente forte. Lo è un po' meno nei siti "letterari", ma lo ritrovi anche lì.Mi pare che nell'ambito della libreria sia un po' meno restrittivo...

Ciao

Paolo

Clem ha detto...

D'altra parte perché mai dovrei comprare un libro - a prezzi da piccolo shop all'angolo - che non so bene se mi piacerà o meno, avendo tempo e soldi limitati? È più probabile che me lo presti un amico.

Non mi piace inoltre il tuo approccio. Come si stabilisce chi appartiene alla categoria di quelli che credono di sapere cosa vogliono ma in realtà non sanno? Non so, mi pare che tutto diventi molto fumoso per discuterne, compresa l'idea che opere appartenenti allo stesso genere siano definibili come stesso pascolo e stessa erba, che se applicato ad esempio alla saggistica è ridicolo :)
È l'autore che conta e che fa la differenza.

Per quanto riguarda il meccanismo dei consigli per gli acquisti, torniamo alla mia domanda:
"chi ha acquistato questo ha anche acquistato..." questo suggerimento limita la varietà, imprigiona in un recinto? No, non per me: basta non seguire i consigli per gli acquisti. Qualcuno si fa abbindolare? Cavoli suoi. La libreria all'angolo è uno shop online, solo offline e decide uno solo cosa offrirti. Stessa cosa.

(manco a farlo apposta solo stamattina mi han consigliato DUE libri diversi di due autori diversi e sto impazzendo a trovarli su canali legali in ebook, come scrivevo tempo fa :))

bart27 ha detto...

.
.
L'UOMO del MONTE
difensore degli umili


Ritorniamo sulla questione economica.

Gli avversari di questa legge sul prezzo del libro si dichiarano liberisti.

In realtà sono liberisti all'amatriciana.

Nel senso che nascondono dietro le quinte gli oligopoli e le forti concentrazioni nella filiera (soprattutto quella verticale, cioè di quei gruppi che controllano sia produzione che distribuzione, Mondadori in primis).

Poi, di fronte a un intervento per regolare il mercato – la legge Levi – si stracciano le vesti e gridano mercato! mercato!

No signori. Volete il mercato? e allora che mercato sia!
Interveniamo su tutta la filiera e impediamo che, attraverso un complesso gioco di scatole cinesi, a controllare sia la produzione, sia la distribuzione, sia la visibilità siano poche mani.

Pur nel suo estremismo, solo Oscar Giannino trovo sia coerente: si scaglia sia contro il protezionismo, sia contro le concentrazioni.

Mi segnalano che in molte librerie Mondadori si raccolgono firme contro questa legge.

E' un po' come se "l'uomo Del Monte" (quello vestito di bianco con il panama in testa,) andasse in giro per le campagne chiedendo ai contadini di firmare una sua petizione: "stanno limitando gli sconti sugli ananas, firma che io ti difendo".
.

bart27 ha detto...

postilla

tutte le grandi case editrici sono state consultate prima ed erano d'accordo con questa legge, poi, retromarcia.

Che è successo? Amazon ha minacciato di far saltare il tavolo. Che titolo dareste: "una voce tra le tante", "o la voce del più forte"?

PaoloVE ha detto...

@ Clem:

forse mi è sfuggito qualcosa sulla legge, ma avevo capito che i limiti agli sconti si applicano al cartaceo, magari distribuiti via internet, e non agli e - book, la cui diffusione mi pare venga paradossalmente un pochino incentivata (se io, Amazon, non riesco più ad essere economicamente vantaggiosa rispetto agli altri, avendo evidentemente un pubblico che usa internet, indovina un po' dove andrò a parare per fare business?). Sbaglio?

Il "recinto" c'è anche nella saggistica. Se acquisti "Mussolini l'italiano" di Aurelio Lepre ti vedrai proporre mille altre biografie del Benito nazionale, 100 saggi sul fascismo, 10 sulla seconda guerra mondiale, 1 sulla prima, nulla sulle radici del socialismo o sulla guerra italo turca... l'erba, condita in vari modi, ma rimane quella.

"Come si stabilisce chi appartiene alla categoria di quelli che credono di sapere cosa vogliono ma in realtà non sanno?" mi verrebbe da risponderti di utilizzare lo stesso metro che usi per individuare la categoria di quella "molta gente (che) non sa cosa le piace, non sa cosa leggere e non ha cultura, quindi la vetrina è tutto quel che ha per orientarsi" :-)

In realtà non è una categoria, siamo tutti i lettori: decidiamo a priori di leggere dei libri sperando o dando per scontato che ci piaceranno (con l'eccezione di "Venuto al mondo" che ho letto su consiglio di mia moglie: l'ho letto per farla contenta e, come previsto non mi è piaciuto, ma questo è un altro discorso :-)), sulla base di quanto sappiamo.

Poichè non siamo onniscienti ci perdiamo libri che ci piacerebbero "a nostra insaputa", per utilizzare una locuzione di moda, libri che forse la forzata coabitazione nello spazio ristretto della vetrina di "generi" ed orientamenti diversi tende invece a sottoporre alla nostra attenzione.

Ciao

Paolo

Clem ha detto...

Non riesco a capire. Stai dicendo che Fascismo, seconda guerra mondiale, prima guerra mondiale, guerra italo turca, colonie africane, è tutta una stessa roba, o che se il saggio lo scrive Travaglio o Belpietro, è sempre politica, è la stessa roba? La mia risposta, e senza argomentazioni, è "no". Ma temo di essere ancora stordito dal pranzo e probabilmente non ho colto qualcosa.
Se anche fosse, quando vado dal mio piccolo libraio di fiducia a curiosare sugli scaffali di saggistica, è probabile che ci trovi... saggistica :D

Non ho capito neanche la storia sugli ebook. L'osservazione era incidentale e scollegata dal thread, ma si sa, io non mi so esprimere -_-

"Come si stabilisce chi appartiene alla categoria di quelli che credono di sapere cosa vogliono ma in realtà non sanno?" mi verrebbe da risponderti di utilizzare lo stesso metro che usi per individuare la categoria di quella "molta gente (che) non sa cosa le piace, non sa cosa leggere e non ha cultura, quindi la vetrina è tutto quel che ha per orientarsi" :-)

Non ho il suddetto metro, e come ho detto non so cosa dire in merito perché è, come ho detto, molto fumoso come discorso. Nel senso di "non vedo dove possa portare". Cioè, io non compro Pansa solo perché me lo mettono davanti, o vicino alla cassa del super, per intenderci. Anzi, è più probabile che molli il carrello lì e cambi super XD

Dallo scandalo NOTW abbiamo imparato che lasciare libero il mercato della stampa porta alla stampa populista, con l'ossessione di dare al pubblico quello che il pubblico vuole, quello che vende. Questo ha in ultima analisi infettato un'intero sistema democratico. Stessa cosa qui coi libri, perché a potenziare (di fatto) la grande distribuzione si potenziano (di fatto) le barzellette di Totti e la stampa che vende non importa come o perché.

Ma non riesco a pensare, come bart nella conclusione del post, al piccolo libraio come il baluardo della stampa di qualità, e a usarlo come bandiera si rischia di essere liquidati rapidamente come luddisti retrogradi.
Ero anche sinceramente curioso di sapere se qualcuno va a farsi consigliare dal libraio, prendo nota che qualcuno di voi lo fa. A me continua a suonare un po' come coi farmacisti, che dovrebbero vendere i farmaci solo loro perché c'è il valore aggiunto del rapporto umano e dei consigli e blabla una marea di cazzate: in farmacia ci entro, ricetta, farmaco, esco. Un lavoro che potrebbe fare un computer. Ora spero di non far partire l'OT sulle farmacie :D

Se si vuole salvare la stampa di opere non strettamente orientate al profitto è probabilmente il momento di uscire dalla logica classica scrittore -> editore -> distribuzione -> vendita, inventarsi nuovi paradigmi e tagliare un po' di middle man. Piccolo libraio incluso, purtroppo. Concetto di libro-di-carta stesso incluso. Non essendo una cosa che si può fare domani, nel frattempo va beh, salviamo i librai, ma non usiamoli come bandiera :)

E non ci crederete, ma abbiamo invocato le barze di Totti così tanto che la parola di verifica è "tooti". Ti stiamo rompendo il blog.

PaoloVE ha detto...

@ Clem:

au contraire, mon ami.

sto dicendo che se chidi mussolini, tutti di dicono mussolinimussolinimussolinimussolini fino a quando ne avrai due (anzi quattro) cogl***i così, mentre in pochissimissimissimi ti dicono "non è che ti interessa anche qualcosa sulla gueera italo turca?", anche se potrebbe realmente interessarti perchè storicamente i collegamenti ci sono... ecco dove vedo il recinto nella saggistica...

... mmh più che per le mie letture chiedo spesso al libraio cosa potrei regalare ad una persona che...?, mentre a me capita, in negozio di dirmi "Ehy! cos'è sta roba? Fiiiico..." :-)

"Ti stiamo rompendo il blog."

Infatti, come avrai visto nel post successivo, ho deciso di chiuderlo :-)

Ciao

Paolo

Clem ha detto...

Ah, avevo capito esattamente il contrario. In tal caso, l'obiezione rimane quella di prima, basta non seguire i consigli per gli acquisti e ravanare.
Quanto al pigliare su un libro a caso e fare la scoperta del secolo è capitato anche a me: vado a comprare un libro ma poi cazzeggio anche io :) questo può capitare nel librerione e nel librerino. L'insieme di articolazzi di Luca Sofri & friends sul suo blog è molto approfondito a riguardo, leggilo in vacanza. È molto ben argomentato e costa molto meno di un libro di qualità :P

Clem ha detto...

Il punto di vista delle biblioteche:
http://www.nazioneindiana.com/2011/08/03/amazon-gli-sconti-e-le-biblioteche/

bart27 ha detto...

@ Clem

1)
le biblioteche non contestano la legge Levi nella sostanza:

"La nostra Associazione non è mai stata pregiudizialmente contraria all’esigenza di una regolamentazione che tutelasse le librerie indipendenti, un anello fondamentale nella filiera del libro e della lettura."

Si lamentano del fatto che per loro non è stata fatta un'eccezione, essendo state ridotte alla canna del gas.

2)
quella lettera che citi racconta molto bene come l'assuefazione ai continui e forti tagli alla cultura (università, biblioteche etc.) sia profonda, profondissima.
Non una riga di protesta per il fatto che alle biblioteche italiane si diano ormai pochi spiccioli, solo un'asettica constatazione.

E' innegabile che nel brevissimo periodo lo sconto possa far loro comodo: ma in prospettiva, pensi che gli sconti di Amazon siano la loro vera salvezza? Non pensi che la vera salvezza delle biblioteche sia che uno Stato tornato decente le finanzi adeguatamente?

In parallelo: anche allo studente, nel breve periodo, gli sconti di Amazon fanno comodo. Ma io penso che abbia dimenticato di fare un confronto: per studiare in Francia spendi 400 euro l'anno; per studiare in Italia, nel migliore dei casi, ne spendi 2500. Quanti libri si comprano con 2100 euro all'anno? Allora, con chi è meglio prendersela, con lo Stato che regolamenta un pochino un mercato editoriale fuori dai gangheri, o con lo Stato che per studiare ti fa spendere un mezzo occhio della testa?

Siamo talmente assuefatti a questo stato di cose, che a volte ce la prendiamo con la buccia immediatamente visibile, dimenticandoci del nocciolo, invisibile e bello marcio.
.

Clem ha detto...

In realtà non penso niente perché non ho nemmeno letto ^_^'
L'ho postato perché era un punto di vista che mancava e pensavo fosse interessante ai fini della discussione, e prima o poi mi toccherà leggerlo, suppongo. Dici un sacco di cose giuste però, anche se ci stiamo cominciando ad allontanare parecchio dalla legge in questione e mi perdo un po'.

PaoloVE ha detto...

Così, solo per buttare benzina sul fuoco, ieri ho acquistato "la principessa di ghiaccio" di Camilla Lackberg in uno ipermercato, versione economica scontata del 30%. Era a fianco dei libri di Stieg Larsson, chemi erano piaciuti.

Ciao

Paolo

Clem ha detto...

Io invece sto rileggendo la trilogia dello Sprawl, per arrivare fino all'ultimo libro di Gibson, Zero History, che ho comprato in FNAC perché conosco l'autore e mi piace da morire e quindi sono andato a cercarlo :P

bart27 ha detto...

Non cercavo nulla di preciso, ho appena scoperto per caso questo libro negli scaffali di una libreria, ve lo segnalo: "L'algoritmo al potere. Vita quotidiana ai tempi di Google", di Francesco Antinucci, Laterza.

Invece cercavo, con precisione, un costume da bagno. Ma nel supermercato vicino casa mia sono già con la testa al rientro scolastico, di costumi ormai solo pochissimi, di taglie abnormi. Ormai, gli acquisti tipici di una stagione li devi fare mezza stagione prima.