Stamattina il post è di Tommaso, che ringrazio.
Ero rimasto l'unico blog senza |
Si trovava in giro il link a forzagnocca.it che, secondo i giornalisti, doveva ricondurre al sito del PDL o di una sua presa in giro: ci sono andato e ho trovato una "lettera", scritta in un corsivo sgradevole da due ragazzi italiani residenti negli USA o comunque all'estero.
Michele e Stefano (così si chiamerebbero i due) lamentano nel breve testo il fatto che sui giornali alla morte di un "genio" sia dato poco spazio rispetto alle dichiarazioni volgari di B, nochè la difficoltà che si ha in Italia per creare una "startup".
Premetto una breve osservazione: lo spazio dedicato alla morte di SJ è stato più che adeguato. Sui giornali online la notizia è stata tutto il giorno sopra alle altre, cosa che di solito si riserva a tragedie naturali o a eventi politici importanti (o qui da noi al Papa e al Calcio).
È naturale provare schifo per il clima fetido che si respira in Italia rispetto al resto del mondo, in un giorno che è tanto più triste quanto più si amava il guru Apple, tuttavia lo stile di lamentela è tutto italiano.
Non ho saputo resistere! |
Quello su cui ho riflettuto è innanzitutto il fatto che, dal momento in cui viene codificato con una parola - peraltro a me sgradevole - il concetto di "nuova azienda, basata su un'idea innovativa", si rischiano di perdere proprio la novità e l'innovazione o almeno la loro genuinità.
Mi spiego meglio.
C'è anche lo psicologo per cani |
In altre parole: nell'impreparazione fornita da gran parte del nostro sistema educativo, di fronte alla contrazione di domanda di lavoro e, soprattutto, alla iperqualificazione (sulla carta) dei neolaureati si coltiva questo mito dell'idea "geniale" illudendo le persone che questa possa essere la via d'uscita per tutti o quasi.
A mio parere c'è bisogno di persone preparate per tanti lavori normali, non di un'orda di ipotetiche nuove professioni di cui in gran parte non sentiamo il bisogno. Farsi i soldi con la app che ti dice cosa fare quando c'è il terremoto indica solo che il futuro dell'umanità è molto buio: non può essere un'aspettativa generalizzata per le nuove generazioni.
È sacrosanto aprire la strada a chi ha un'idea innovativa, va preparato il terreno perché questa idea nasca, è meno onesto far credere che "devi avere un'idea" quando magari fai fatica a leggere un articolo di giornale e matematica non la studi da quando eri alle medie.
Indovinate cosa voglio insinuare... |
Per conlcudere, trovo proprio nella formalizzazione del concetto di "startup" la morte del vero "stay hungry, stay foolish": dove sta l'innovazione se l'idea nasce non spontaneamente ed è subito imbrigliata in qualcosa di prestabilito?
Per usare una metafora informatica è come pretendere di ottenere qualcosa di originale usando un wizard.
Saluti
Tommaso
3 commenti:
...l'illusione che si alimenta con il mito delle start up è che si possa avere successo grazie al solo genio in un contesto che lo sfavorisce.
Non mi è piaciuto il tormentone intriso di luoghi comuni su Stefano Lavori, lo Steve Jobs de noantri che a Napoli fallisce miseramente, ma racchiude in sè molte veriftà. Steve jobs ha avuto successo perchè aveva un grande talento, ma anche perchè si muoveva in un contesto in cui quel talento trovava nutrimento e orecchie attente. E perchè si è fatto (ed ha fatto ai suoi collaboratori) un mazzo tanto. Ed infine, particolare non trascurabile, i geni, quelli che possono realmente farcela, sono molto pochi.
La start up non è da tutti.
Ciao
Paolo
@Paolo
condivido. Se uno ha veramente le qualità, riesce anche a modificare il contesto o a trovarne uno adatto eventualmente.
Ciò che viene fatto da certi parolai di cui è testimonianza il tuo CCM è illudere masse di ignoranti e pigri che il successo fantamiliardario possa essere senza fatica e per tutti.
Saluti
T.
La legge del caso (e del culo).
Concordo con le conclusioni di Tommaso e Paolo ma ci arrivo per un’altra via.
Il mito delle start up è tipicamente americano: se hai volontà e voglia di fare arrivi dovunque. Bugia. Puoi avere tutte le più buone intenzioni, le idee migliori e la volontà più ferrea ma, ragionando al limite, se nasci in Zambia senza neppure una ciotola di riso al giorno da mangiare e magari con padre e madre malati di AIDS, non riuscirai a fare proprio nulla.
Apro una parentesi: la nostra psiche, il fisico che ci ritroviamo, l’intelligenza, ovvero tutto ciò che siamo, dipende dall’eredità cromosomica e dall’ambiente che abbiamo frequentato. Anche la volontà è una parola vuota, se non ce l’hai sei sfigato, ecco tutto. Il merito e colpa contano poco (o niente). Chiudo la parentesi.
Steve Jobs ha avuto la fortuna di vivere negli USA ed essere stato adottato da una famiglia facoltosa che l’ha lasciato libero di esprimersi e diventare il genio che in germe era in lui fin dalla nascita. Anche una religione senza fronzoli come quella buddista, con i suoi dogmi assurdi come la reincarnazione, l’ha tolto dai rischi della civiltà dei consumi nella quale molti si perdono. È caduto diverse volte ma si è sempre rialzato. È riuscito là dove molti altri giovani intelligenti e preparati come lui hanno fallito. Occorrerebbe conoscere ogni dettaglio della sua vita per capire come ha fatto.
So di fare affermazioni politically incorrect, ma il successo di nuove aziende basate su idee innovative dipende da una molteplicità di fattori difficilmente schematizzabili. In ultima analisi è solo questione di culo.
Ciao
Mario
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