Buongiorno,
oggi torno su alcune cose già dette sia sui luoghi comuni relativi alla parità di genere sia sul pessimo giornalismo italiano che, in materia, dà spesso il peggio di sè, specialmente se, come nel caso che mi fornisce lo spunto, a scrivere è una donna.
Tutto parte da un articolo che pare ripartire da una disccussione che avevamo avuto qui un po' più di un mese fa, circa il fatto che le donne sembrano ritrarsi spontaneamente da alcuni ambiti, prima ancora che si possa ipotizzare qualsiasi forma di discrimunazione di genere.
E qui partono le note dolenti. Perchè è vero che i numeri citati confermano il gap di genere nelle lauree tecnico scientifiche, ma, paradossalmente ed al contrario di quanto afferma l'articolista (che sostiene che il problema è particolarmente rilevante in Italia), dicono invece che in Italia tale divario è molto inferiore a quanto avviene all'estero.
Il che si potrà giustificare in molti modi, ma è l'esatto contrario di quanto affermato nell'articolo, perchè se in Italia (18° Paese in graduatoria) nel 2010 erano laureati in discipline tecnico scientifiche il 14,8% degli uomini ed il 9,9% delle donne (con una differenza del 4,9% ed un rapporto di 1,5:1), in Finlandia le percentuali davano un 34,2% contro un 13,7% (differenza 20,5% e rapporto poco inferiore a 3:1, un dato quindi molto peggiore), in Farncia un 29,3% contro un 11,6% (differenza 17,7% rapporto poco meno che 3:1), etc etc per tutte le precedenti posizioni riportate in classifica, Grecia, Spagna, Portogallo, ma anche Germania, Svezia e Danimarca comprese.
Insomma, negli altri Paesi , che lo si guardi come si vuole, il gap di genere dai dati appare essere ben superiore.
E se questa è la base su cui fondare un ragionamento per superare un problema, stiamo freschi, freschissimi, praticamente surgelati. Al punto che, da profano ed allergico a teorie psicologiche, mi verrebbe persino da mettere in dubbio il fatto che il presunto imprinting cui la cosa sarebbe addebitabile abbia come origine principale la famiglia, piuttosto che il contesto sociale più esteso in cui si cresce...
E se questa è la base su cui fondare un ragionamento per superare un problema, stiamo freschi, freschissimi, praticamente surgelati. Al punto che, da profano ed allergico a teorie psicologiche, mi verrebbe persino da mettere in dubbio il fatto che il presunto imprinting cui la cosa sarebbe addebitabile abbia come origine principale la famiglia, piuttosto che il contesto sociale più esteso in cui si cresce...
Ciao
Paolo
(1) Sbaglio o una volta Marta Serafini collaborava con Radio24?
1 commento:
Buondì,
siamo alle solite.
Giornalisti, selezionati tra gli ultimi della classe, rigorosamente terrorizzati dalla matematica, si permettono di parlare di statistiche.
Che servizio offrono? È giusto che percepiscano uno stipendio per un "lavoro" che è persino dannoso e non solamente inutile?
Saluti
T.
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