...e François? ce la può fare anche lui?

Buongiorno,

al contrario di quanto esprimevo ieri riguardo alla possibilità di di gestire a livello europeo in maniera civile ed utilitaristica l'accoglienza dei profughi e degli immigrati cercando di imitare la nuova dottrina Merkel, devo confessare la mia enorme perplessità a fronte delle posizioni espresse dal Premier francese Holland circa la possibilità di intervenire militarmente in Siria, per sedare una feroce guerra civile e per procura che dura da anni e che sta contribuendo alla migrazione in atto verso i Paesi europei.

Perchè, se la Germania in materia di accoglienza ed integrazione ha nel proprio curriculum un discreto numero di casi di successo, non possiamo certo dire altrettanto delle politiche militari occidentali nei Paesi arabi (1).

Spero di sbagliarmi, ma mi pare che la Siria sia un teatro troppo complicato, frammentato e complesso perchè vi siano delle prospettive per un percorso in cui il dopo possa evolvere positivamente. Sul campo mi pare di capire non vi sia un fronte e gli scontri sono alimentati da interessi esterni molto forti, divergenti e complessi: una rivoluzione democratica probabilmente anche fomentata dall'occidente contro un regime più o meno fascista e filo russo è degenerata in una guerra civile tra l'ex regime, appoggiato dai russi e dai curdi, contro gli integralisti islamici dell'Isis, appoggiati economicamente dall'Arabia Saudita, dal Qatar e dalla Turchia, armatisi prevalentemente grazie al saccheggio degli arsenali abbandonati dall'esercito del debolissimo Iraq. In questo schema si inserisce una Turchia sempre meno filo occidentale che sfrutta la guerra civile non solo economicamente (commerciando con l'Is), ma anche per tentare di regolare una volta per tutte i conti con i curdi, ed un Iran cui l'accordo sul nucleare sta togliendo un po' di pressioni internazionali e che cerca di rafforzare il proprio ruolo di riferimento per una serie di milizie sparse tra Libano, Palestina e Siria appoggiando Assad.

In questo guazzabuglio diventa persino difficile scrivere e far capire che, molto limitatamente e solo perchè i nemici dei nostri nemici sono tavolta nostri amici, noi Italiani abbiamo contribuito, secondo me a ragione, formalmente ad armare i curdi operativi a Kobane, sul campo alleati alleati di Assad e combattuti dalla Turchia, formalmente nostra alleata nella Nato.

Da quanto capisco è forse lo scenario in cui Isis trova un maggior numero di alleati, i combattenti hanno il massimo del sostegno economico e quello in cui un suo crollo sarebbe più difficilmente gestibile perchè lascerebbe irrisolte una serie di importanti situazioni di attrito.

Mi pare un po' troppo pensare che le diplomazie che hanno miseramente fallito nel garantire un "dopo" fatto di un percorso verso la stabilità e la democrazia in teatri dove il panorama era infinitamente meno complesso di quello siriano attuale e che apparentemente non hanno sinora lavorato per costruire un'alternativa per un ipotetico dopo Assad abbiano la possibilità di ottenere risultati migliori a Damasco.

In questo caso, pur ritenendo che qualsiasi soluzione passerà attraverso un intervento militare diretto dei Paesi occidentali, credo abbia pienamente ragione Renzi: prima di muoversi sul piano militare è indispensabile un robustissimo piano per il dopo. Piano che, temo, non potrà prescindere da una soluzione della spinosa questione curda.

Ciao

Paolo

(1) In realtà i risultati sul piano militare sono sempre stati all'altezza: dall'Afghanistan all'Iraq alla Libia gli eserciti occidentali sono quasi sempre riusciti a prevalere sul nemico, che spesso aveva le fattezze di un mostro inguardabile. Abbiamo spazzato via il regime talebano, Saddam Hussein, Geddafi. Il problema è che il vuoto lasciato dalla politica al momento del ritiro degli eserciti ha sistematicamente dato spazio ad un mostro peggiore.

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