Silenzio tedesco, mutismo europeo

Buongiorno,

c'è una cosa che, pur essendo una conferma di cose già note e forse scontate, mi ha colpito molto (e molto negativamente) della questione relativa alla sicurezza di fronte al terrorismo integralista, ed è la totale assenza di una comune voce europea persino su un argomento così cruciale.

L'appello di Hollande ai partner europei per avere il loro appoggio contro l'Isis mi pare abbia ottenuto una adesione unanime me sostanzialmente di facciata, il cui apice sembra essersi concretizzato nell'accordare anche quest'anno ai transalpini lo sforamento (già conseguito precedentemente agli attentati di Parigi) dei parametri di bilancio in sede europea: poco più dell'ampia adesione alla marcia che aveva fatto seguito al massacro di Charlie Hebdò.

La mia impressione è che questo sia il risultato di un'Europa ormai autoconfinatasi ad essere una realtà meramente economica (e non politica nè militare) e che ha ormai accettato in questo campo il ruolo egemone tedesco.

Nel momento in cui si trattano problemi di un certo impatto in materia economica abbiamo infatti la certezza che la Germania farà sentire il suo peso e l'intero continente si adeguerà (con un riflesso che ormai ha un che di pavloviano), magari anche a costo di sacrificare democrazia e welfare o di stravolgere le politiche relative all'immigrazione.

Il fatto è che, apparentemente, la Germania sembra rifiutare un ruolo di guida al di fuori degli ambiti economici o di quegli aspetti che ritiene non la riguardino direttamente, in particolare in materia militare.

E poichè la natura dell'immigrazione che l'ha interessata nei decenni scorsi e, credo, le politiche di integrazione portate avanti l'hanno sinora preservata da significativi fenomeni terroristici di matrice integralista e probabilmente l'hanno convinta di poterne essere esente anche in futuro, il riferimento tedesco per i problemi che si stanno affrontando in questi giorni non c'è.

E l'Europa, abituata a farsi condurre dalla Germania, si ritrova ad essere priva di quello che ha imparato a considerare il proprio capo e, purtroppo, a non saperne proporre uno di alternativo, vuoi per l'impossibilità della cosa in materia politica (1), vuoi per la scarsa autorevolezza di alcuni potenziali candidati in campo militare (2).

E questo ci pone in una condizione di grande debolezza.

Ciao

Paolo

(1) il progressivo ampiamento dei confini dell'EU ha comportato l'inclusione di Stati che hanno impostazioni, visioni e disegni politici molto diversi tra loro. Individuare una linea politica comune tra 27 Stati è diventato enormemente più complesso di quanto sarebbe stato farlo vent'anni fa, quando la cosa riguardava un numero di stati molto inferiore.

(2) Sul piano militare immagino che Francia ed Inghilterra potrebbero ambire al ruolo di leader europeo per tradizione e peso dei loro dispositivi. Ma l'Inghilterra non mi pare continui a non aver intenzione di integrarsi in Europa e scegliere come leader della coalizione lo Stato che in questo momento è la prima vittima (e pesantemente esposto, se non almeno in parte responsabile, sugli scenari attualmente più critici per il continente) sarebbe poco opportuno.

Nessun commento: