Maschicidio, nuovo allarme sociale?

Buongiorno,

anche se in ritardo sulla notizia, vorrei segnalarvi un bell'esempio di pessima informazione risalente ad un paio di settimane fa, quando la presentazione dei dati sulla criminalità da parte del Viminale ha evidenziato assolutamente a sproposito come l'Italia sia "Un paese che non riesce a fermare la strage delle donne. Questa la fotografia che viene fuori dal dossier del Viminale sull'attività delle forze dell'ordine lo scorso anno e presentato dal ministro dell'interno Angelino Alfano."

Qual'era il dato che induceva a questa riflessione? il fatto che in Italia l'anno scorso il 30% degli omicidi ha avuto una donna come vittima.

E quindi, se la biologia -nella razza umana i maschi e le femmine sono approssimativamente il 50% ciascuno del totale della popolazione (1)- e la matematica -l'anno scorso il 70% degli omicidi commessi in Italia ha avuto come vittima un maschio (1)- non sono opinioni, per i maschi il rischio di essere vittime di omicidio è stato oltre il doppio che per le femmine -sorpresi, vero? (1)-.

Si potrebbe quindi arrivare a chiedere di correre ai ripari davanti al tragico fenomeno sociale del maschicidio, non trovate?

Tornando seri e minimamente raziocinanti: il femminicidio è un argomento troppo serio perchè se ne possa parlare in questo modo, con tanta approssimazione, generalizzazione e superficialità, per di più in ambiti istituzionalI.

il punto zero per poterne ragionare sensatamente è avere contezza delle dimensioni del problema e del suo andamento, cosa che non è se non si discrimina tra gli omicidi quelli che hanno come vittima una persona che ha scelto o quanto meno accettato di esporsi deliberatamente al rischio di morte violenta (per andare da un estremo all'altro un rapinatore piuttosto che un agente di polizia, magari passando per un gioielliere, un tabaccaio o un benzinaio, per citare alcune categorie a rischio) da quelli che hanno come vittima una persona che invece ha fatto una scelta opposta, oltre che fare una troppo schematica discriminazione per genere.

Intendiamoci: resto convinto che il femminicidio sia un fenomeno grave e da contrastare, ma se la qualità delle analisi che si fanno sul fenomeno è questa non abbiamo speranze, moriremo tutti, maschi e femmine (ma le femmine di più, ovviamente).

E la cosa appare ancora più grave nel momento in cui i dati di cui Alfano ha parlato erano una sostanziale conferma di quanto era già emerso poco più di un mese prima e che erano già stati oggetto di simile deformazione in senso allarmistico e di inascoltato -anche se troppo schematico (2)- fact checking.

Il rischio (anzi, credo si sia già oltre il rischio) di questo approccio superficiale è che argomenti che magari meriterebbero un intervento sostanziale finiscano con l'essere unicamente un argomento di cui è di moda chiacchierare davanti ad un aperitivo. Due anni fa andavano di moda gli omicidi in stanza chiusa (con in supplemento il plastico di Vespa), l'estate scorsa gli stupri, quest'anno i femminicidi, ... Basta lasciar passare un po' di tempo e la cosa si risolve da sola: l'anno prossimo si parlerà d'altro...

Ciao

Paolo

(1) informazioni di importanza fondamentale riportate ad uso e consumo di chi non ha trovato grottesco il modo di porgere la notizia. Alfano, molti giornali e qualche blog pseudo femminista, per esempio.

(2) anche De Luca, come già ieri segnalavo, talvolta pecca nelle sue analisi: una donna vittima di omicidio non può essere considerata vittima di femminicidio tout court. Come specificavo prima una quota di quelle vittime (quale? non lo so, nè De Luca la evidenzia) è morta in conseguenza a scelte che accettavano il rischio della propria vita (esattamente come avviene per il genere maschile) e non in conseguenza pressochè esclusiva del proprio sesso o di un rapporto pseudo affettivo malato ed i numeri che vengono citati nello studio analizzano quante donne sono state vittime di omicidi, non femminicidi. E finchè numeri e trend non sono chiari è risibile ipotizzare interventi sensati.

2 commenti:

F®Ømß°£ ha detto...

Buondì,

condivido il senso del post, anche se a mio parere l'analisi andrebbe fatta non limitandosi a escludere dalla statistica le professioni a rischio e la criminalità, ma circoscrivendo il problema agli omicidi in cui la vittima è uccisa da qualcuno che le è vicino per motivi "passionali".

Se uccido la vicina di casa perché mi sono rotto dei suoi bambini che urlano sotto casa non è un femminicidio.
Se uccido mia moglie per un motivo di tipo economico, non sono sicuro che sia un femminicidio.

Detto questo il problema c'è senz'altro, se non altro per l'andamento costante degli omicidi segnalato nei post di De Luca (che ho letto tempo fa e non ricordo nei dettagli).

I problemi sono:

1) la moda che i ladri di ossigeno dei media hanno creato e cavalcato.
2) la deformazione della realtà compiuta dai fanatici di questa moda che, nel nome del fine, sono pronti a usare tutti i mezzi, anche se del tutto privi di logica.

Saluti

Tommaso

PaoloVE ha detto...

@ Tommaso:

giusto per metterci una fonte ed un dato (anche se non aggiornatissimo):

http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/14/0900_rapporto_criminalita.pdf

Nelle pagine 118 - 119 si trova che poco meno di un terzo degli omicidi viene ricondotto a cause passionali / familiari con un trend che vede raddoppiata la casistica tra il 1992 ed il 2006 (!) e, in questo caso, se la vittima è una donna, in poco meno di due terzi dei casi l'omicida è il partner (contro un quarto se la vittima è un uomo).

Non siamo ancora al solo femminicidio, ma i dati cominciano ad avvicinarvisi abbastanza e sembrano indicare effettivamente un trend crescente almeno sino al 2002...

Ciao

Paolo