Buongiorno,
negli scorsi mesi ho
vissuto di riflesso, perchè ha coinvolto un mio strettissimo
parente (che non preciserò meglio perchè non so se gradirebbe), una vicenda che, oltre ad aver colpito lui, ha molto provato
e segnato anche me, cosa di cui mi sto rendendo conto compiutamente solo a
posteriori e di cui avevo accennato in privato ad un paio di voi tempo tempo fa
Non che centri molto col
blog, ma, giunti sperabilmente alla fine della vicenda, mi sfogo un
po' raccontando cos'è successo.
Alla persona di cui vi
dicevo è stato diagnosticato un adenocarcinoma gastrico, un tumore
allo stomaco che, a seconda dello stadio in cui si trova può
rivelarsi anche molto grave ed aggressivo, sino a condurre velocemente a morte gran parte di chi ne sia colpito nelle forme peggiori con probabilità molto elevata.
Aveva accusato dei
disturbi allo stomaco, poi gli esiti dell'esame del sangue occulto
nelle feci, l'insorgenza di un po' di anemia e l'abbassamento della
pressione avevano fatto pensare alla possibilità che avesse
un'ulcera, perciò ha fatto una
gastroscopia (in un centro privato, per avere tempi rapidi) che ha
evidenziato un tumore esteso alla grande ansa dello stomaco.
A
questo punto le cose hanno subito un'accelerazione (confesso che
inizialmente i suoi fastidi erano stati presi sottogamba, da lui per
primo: apparentemente stava bene, solo un po' di bruciore di stomaco
ed inappetenza, per di più si tratta di una persona con un profilo di rischio ottimale: non beve, non fuma, normopeso, alimentazione equilibrata,...).
Abbiamo replicato la gastroscopia con
procedura d'urgenza stavolta in una struttura pubblica (l'esame precedente,
effettuato probabilmente con strumentazione obsoleta o di scarsa
qualità, non dava sufficienti indicazioni per predisporre un
percorso terapeutico: il referto non citava nemmeno le ampie
dimensioni del tumore, nè la eventuale presenza di una perforazione)
e abbiamo ripetuto gli esami istologici solo poco meno vaghi nel loro risultato della gastroscopia.(1)
Quindi abbiamo fatto una TAC che ci ha
dato il primo respiro di parziale sollievo perchè non ha evidenziato
infiltrazioni né diffusione: questo indicava che il tumore
presumibilmente era ancora in una fase relativamente non troppo
aggressiva.
Poi, a spron battuto per prevenire ogni possibile
evoluzione, l'intervento chirurgico di gastrectomia: gli hanno
dovuto togliere l'intero stomaco e ricostruire una piccola sacca che
ne riproduca parzialmente il funzionamento.
L'intervento è
durato sei ore e, benchè molto pesante ed invasivo, è andato bene: non ci sono
stati sanguinamenti nè complicazioni di sorta, a sera è rientrato
in reparto senza aver necessità di passare per la rianimazione,
anche se nei giorni successivi ha dovuto fare esercizi per recuperare
appieno le funzioni respiratorie, dato che l'intervento ha interessato parzialmente la funzionalità del diaframma.
I controlli effettuati hanno
confermato che non erano visibili fenomeni diffusivi, ma solo un ingrossamento dei linfonodi più prossimi, linfonodi che peraltro
sono stati rimossi nell'intervento.
La degenza post - operatoria è durata un
paio di settimane, durante le quali gli è stato tolto un catetere
alla volta, un drenaggio alla volta e pian piano è potuto tornare
prima a sedersi, poi ad alzarsi, quindi a camminare. Pur avendo perso
molto peso (che non ha tuttora recuperato), ha reagito bene: non ha
avuto dolori (anche grazie alle terapie antalgiche in uso in quel
reparto) e ha fatto pazientemente tutto quello che doveva.
In un primo momento sembrava
che i protocolli non indicassero come opportuno nel suo caso un
trattamento oncologico a valle dell'intervento, ma i nuovi farmaci, più
efficaci e meno impattanti come effetti collaterali dei precedenti, hanno suggerito di
effettuare un ciclo di trattamenti chemioterapici per migliorare le probabilità di un esito favorevole.
Il ciclo è durato sei mesi
con trattamenti di un paio di giorni due volte al mese e si è
concluso da poco. Gli effetti collaterali che temevano sono stati
fortunatamente piuttosto limitati: sostanzialmente nausea ed
inappetenza nei giorni di trattamento, ma nell'ambito della
sopportabilità.
Gli esiti della tac e della
prima visita di controllo sono confortanti: non vi sono segni
visibili di diffusione, per cui è stato rimosso anche l'ultimo
catetere, quello utilizzato per la chemioterapia. Abbiamo già
prenotato le prossime visite di controllo e adesso, con la
limitazione di dover fare pasti ridotti e frequenti ed assumere
periodicamente ferro, la prospettiva sembra essere sostanzialmente
quella di un ritorno alla normalità.
Personalmente, ben sapendo che per questo tipo di tumore il concetto di guarigione è un po' sfumato, tiro un enorme
sospiro di sollievo, ringrazio il cielo di lavorare in ospedale (cosa
che mi ha permesso di gestire questa vicenda con un po' più di
consapevolezza e, conseguentemente, di efficacia rispetto a quanto
potrebbe fare una persona qualsiasi, nonché a dare una certa
presenza che altrimenti avrei avuto difficoltà a garantire) e
soprattutto ringrazio infinitamente la professionalità, la capacità, l'efficacia
e l'umanità di tutti quelli che si sono adoperati per la guarigione.
Non pensate che siano pochi nè che la loro sia una interazione semplice: un percorso di questo tipo coinvolge cinque specialità diverse (endoscopia, radiologia, anatomia patologica, chirurgia, oncologia) e procedure delicate e costose. (2)
Dopo mesi, adesso,
finalmente, fatte tutte le scaramanzie, anch'io respiro un po'
meglio.
Ciao
Paolo
(1,2) non è la sede per una polemica, ma credo sia indicativo che in un centro privato l'esame sia stato effettuato con strumenti e modalità tali da garantire l'esecuzione dell'esame ed un risultato "vago" e quindi non "impegnativo" per la struttura
(2) parlando con un farmacista credo di aver capito che il solo farmaco antiblastico usato in ognuno dei trattamenti bisettimanali abbia un costo di 750 euro per trattamento (prezzo imposto dal produttore in regime di monopolio). Aggiungete i costi della diagnostica (gastroscopie, Tac ed esami istologici), dell'intervento, della degenza e dell'assistenza durante la chemio e ditemi: siete sicuri che una sanità privata (o basata su assicurazione privata) accetterebbe di sostenere quei costi senza provare a disfarsene (perdendo tempo e quindi aggravando il rischio per il paziente)?
(2) parlando con un farmacista credo di aver capito che il solo farmaco antiblastico usato in ognuno dei trattamenti bisettimanali abbia un costo di 750 euro per trattamento (prezzo imposto dal produttore in regime di monopolio). Aggiungete i costi della diagnostica (gastroscopie, Tac ed esami istologici), dell'intervento, della degenza e dell'assistenza durante la chemio e ditemi: siete sicuri che una sanità privata (o basata su assicurazione privata) accetterebbe di sostenere quei costi senza provare a disfarsene (perdendo tempo e quindi aggravando il rischio per il paziente)?
2 commenti:
Che la sanità sia basata su strutture e/o assicurazioni pubbliche piuttosto che private di per sé dice poco: anche un sistema pubblico può "scaricare" un paziente costoso (*). Se lo fa un'assicurazione privata, al netto della retorica anti-profitto, occorre vedere in base a quali clausole contrattuali può farlo e in base a quale normativa vigente dette clausole possono vigere.
(*) ho letto e sentito in passato di casi del genere in Svezia e Gran Bretagna.
Poi quando tu dici che le analisi sono state fatte in un laboratorio privato, implicitamente stai dicendo che, benché ufficialmente la sanità pubblica fornisca tutte le cure del caso a prescindere dal costo, di fatto non ne fornisce una ritenuta essenziale al punto di scegliere di recarsi da un privato, cioè di pagare una seconda volta dopo aver pagato la sanità pubblica con le tasse.
@PMS:
Benvenuto.
Avevo premesso che nonvolevo far polemica in questo contesto :-)
Personalmente ritengo probabile che un ente che ha come unico scopo "fare sanità" abbia maggior propensione a scaricare un paziente costoso rispetto a chi, oltre a "fare sanità", debba trarne profitto (senza nemmeno discutere della priorità con cui vengano fatte sanità e profitto). Se non altro perchè uno dei due manca il proprio target in misura superiore all'altro.
"implicitamente stai dicendo che, benché ufficialmente la sanità pubblica fornisca tutte le cure del caso a prescindere dal costo, di fatto non ne fornisce una ritenuta essenziale al punto di scegliere di recarsi da un privato"
Sbagli: infatti per avere un esito utile l'esame è stato replicato in una struttura pubblica, il che nega esplicitamente la tua affermazione.
E' la stessa esistenza della possibilità di scelta che (magari unitamente ad un po' di interessato marketing) può portare alcuni in quella direzione.
Anche se da un punto di vista strettamente "clinico" potrebbe essere meno efficace.
Come è stata in questo caso.
Ciao
Paolo
Posta un commento