La riforma del mercato del lavoro / 2

Buongiorno,

come promesso riprendo il post di stamattina analizzando gli otto punti salienti su cui mi par di capire si voglia fondare la riforma Fornero..


 1. Abolire la possibilità di ricorrere a dimissioni in bianco

Per quanto riguarda il primo punto credo ci sia poco da dire: rendere materialmente impossibile alle imprese la pratica delle dimissioni in bianco è un puro atto di civiltà, e sembra anche essere abbastanza facile.


Per quanto mi riguarda chi faccia ricorso a strumenti simili dimostra un livello di correttezza nei rapporti tale da farmi pensare che un veloce passaggio della Finanza nei suoi bilanci troverebbe ampie soddisfazioni.


2. Rendere più oneroso il ricorso al precariato

Riguardo al secondo punto c'è invece qualche ragionamento da fare in più, perchè, se il principio è condivisibile, le modalità possono dare adito a dubbi.

Pochi sugli stage, che potevano essere uno strumento valido per tutti, ma che gli imprenditori hanno sputtanato abusandone per portare a casa braccia gratis, qualcuna in più rispetto a quanto sento dire sull'incremento del costo del lavoro a tempo determinato, che diventerebbe del 1,4% più caro di ora, il che non inciderebbe minimamente sull'abuso del precariato da parte degli imprenditori, pur aggravando il costo della manodopera, perchè non altera significativamente il rapporto tra costo del lavoro TI e TD. Il rincaro deve essere maggiore e, soprattutto non dev'essere possibile per gli imprenditori scaricarlo sull'ammontare dello stipendio, sempre che sia realmente necessario ed utile mantenere in piedi la pletora di contratti attualmente esistenti.


3. Convertire in tempo indeterminato dei rapporti a tempo determinato oltre i 36 mesi

Analogamente ho alcune perplessità su questo punto: vincoli normativi analoghi sono già stati sistematicamente aggirati dai datori di lavoro lasciando a casa per lo stretto indispensabile i dipendenti che venivano riassunti, sempre con contratti a TD, subito dopo.

Se i 36 mesi fossero da intendersi come cumulativi anche per periodi tra loro separati ci può stare, anche se temo che a questo punto sarebbero le aziende a lamentarsi (e lo Stato: avete idea di quanti siano i precari assunti e licenziati ogni anno che acquisirebbero titolo al TI? Credo che sia questo il motivo per cui nella serata di ieri è stato detto che la riforma non interesserà in settore statale. E, contrariamente a quanto alcuni -i soliti- scrivono, non sarà un privilegio, ma un indebolimento complessivo delle posizioni di tutti i dipendenti)


4. Mantenere il reintegro per licenziamenti discriminatori

Non credo che ci sia granchè da obiettare in materia: per chi lo volesse fare, la penso come per il punto 1. Mandargli la Finanza sarebbe il minimo e molto utile per tutti.


5. Prevedere l'indennizzo per i licenziamenti dovuti a condizioni economiche
 
Le perplessità grosse nascono invece su questo punto ed il successivo, in quanto diviene rilevante definire come vengono identificati e dimostrati i problemi economici (in modo che non possano essere usati come falso paravento per mascherare licenziamenti discriminatori: la diffidenza è d'obbligo, vista la sistematicità con la quale gli stage hanno mascherato rapporti di lavoro).

In assenza di una definizione chiara dei criteri che definiscono le condizioni economiche è un cavallo di Troia grande così per aggirare licenziamenti discriminatori del quale i soliti noti abuserebbero. Si tratta comunque di un problema risolvibile disponendo ben bene dei paletti.

Quello che resta è il dubbio che chi licenzia per motivi economici possa realisticamente (o artatamente) ritrovarsi a non potersi permettere di pagare l'indennizzo. In quel caso che succede? si è automaticamente reintegrati oppure fregati del tutto? Io non l'ho capito.


6. Delegare al giudice la scelta tra indennizzo e reintegro per licenziamenti di natura disciplinare

Mi pare il punto più difficile da gestire, in quanto, nel momento in cui si accede alla giustizia, rimane in piedi il vero problema dell'art.18, che è quello dei tempi e dei costi per definire i contrasti tra datore di lavoro e dipendente al momento del licenziamento.

Peraltro sia in questo caso che nel precedente l'indennizzo previsto mi pare sin troppo generoso nei confronti del lavoratore e troppo caro per le aziende: da un minimo di quindici mensilità ad un massimo di ventisette.


7 / 8.  Revisione della cassa integrazione straordinaria e delle indennità di disoccupazione

Infine, secondo me, ci sarebbe qualcosa da ridire anche sull'ultimo punto, dove sarebbe bello legare il decremento dell'indennità alla frequentazione di corsi di aggiornamento e formazione, cosa attualmente non prevista ed estremamente necessaria ai lavoratori italiani, spesso poco abituati ed incentivati ad accrescere le proprie competenze e professionalità...


Confermo che non vedo nel complesso della riforma nulla che permetta di ipotizzare ragionevolmente che questo strumento possa incrementare significativamente l'occupazione: potrà forse rendere un po' meno dure le condizioni di alcuni precari e rendere il mercato del lavoro un po' più fluido, il che comunque non è un male.

Men che meno mi pare possa impattare sulla crescita economica, specialmente sul periodo medio lungo. Insomma, mi pare che la montagna stia partorendo, tra mille polemiche, un topolino.

E, per finire, due considerazioni semi - OT:

Sarà divertente sentire cosa diranno i politici che "ne usciremo meglio degli altri" quando i numeri della CIG straordinaria saranno transitati alla disoccupazione, rendendo il dato italiano omogeneo nella lettura (ma non nei numeri) a quelli degli stati che la CIG non ce l'hanno. Probabilmente daranno la colpa del formale aumento della disoccupazione al governo dei tecnici.

Uno degli stati europei dove le donne sono vittime di maggiori discriminazioni di genere sta affidando la riforma del mercato del lavoro a Fornero, Camusso e Marcegaglia: tre donne. Apparentemente un bel paradosso, ma probabilmente non casuale: per smuovere (anche di poco o solo formalmente) un totem era probabilmente necessario affidare le leve decisionali a chi sinora non le aveva (mal) gestite.

Ciao

Paolo

3 commenti:

F®Ømß°£ ha detto...

Buongiorno, non ho tempo per essere diffuso su questo tema e tantomeno per forgiare il post che avrei voluto.

Concordo a grandi linee con quanto scrive Paolo, trovo che il nodo cruciale siano i controlli: molte delle pratiche che i pulciosi microimprenditori usano sono già illecite, ma nessuno le sanziona, dal momento che il lavoratore è ricattabile e in posizione di debolezza.

Temo che, ammesso e non concesso che questo governo voglia realmente controllare cosa succede nell'applicazione delle norme, molto rapidamente si troverà il modo per aggirare molte di esse.Quando poi il timone del Paese tornerà nelle pessime mani che lo hanno guidato (per scelta della maggioranza di noi) sappiamo bene che se non saranno del tutto abrogate molte tutele resteranno inapplicate lasciando pieno potere a una classe imprenditoriale in larga parte inadeguata almeno come quella politica.

Saluti

T.

PaoloVE ha detto...

@ tommaso:

purtroppo hai in buona parte ragione.

Ed il balletto sulla situazione degli statali non promette nulla di buono: poichè non penso che Stato ed imprenditori abbiano intenzione di accollarsi i lavoratori che hanno operato per loro per 36 mesi anche non continuativi credo che il punto 3 si ridurrà a fuffa.

Nel caso dello Stato non sarebbe nemmeno giusto perchè eluderebbe le garanzie dei meccanismi di concorso.

E questo toglie il principale motivo di appeal alla riforma, in quanto permette di manntenere agevolmente il precariato così com'è...

E, siccome la riforma è da guardare nel complesso, è il suo potenziale equilibrio complessivo a crollare.

Ciao

Paolo

Michele R. ha detto...

Ciao Paolo,
sono d'accordo abbastanza sui tuoi punti. Ma tutte le riforme di questo mondo, art.18 si o meno (un totem da ambo le parti), non servono a niente se non si affronta il problema della crescita economica perché senza, e se continuiamo a lungo per la brutta strada di questi 20 anni, si può strepitare quanto ci pare all'art.18, ma saranno inevitabili altri licenziamenti. Ovviamente se il trend si invertisse sarebbe tutto l'opposto, crescita economica->fame di braccia.
Ma per avere crescita economica bisogna essere un paese che attrae investimenti, ma il nostro paese non è molto invitante e per cambiare passo occorre:
- Avere un giustizia più efficiente, che riesca a ridurre la corruzione ai minimi termini, e a giungere a sentenza in tempi molto, molto minori di quelli attuali.
- Eliminare i cosiddetti lacci e lacciuoli di una burocrazia elefantiaca.

Se si risolvessero questi due problemi credo che potremmo guardare con rinnovata fiducia ai prossimi anni.

Ciao.

PS: nella riforma Fornero è previsto l'obbligo del congedo parentale anche per i padri, con retribuzione al 30%. Questo mi pare una str***ta visto che è difficile per molte famiglie rinunciare ad una bella fetta della propria retribuzione, grazie ai "felici momenti" economici che viviamo.