L'altro lato della TAV

Buongiorno,

in questi giorni l'argomento TAV è tornato d'attualità a causa del rinfocolarsi della protesta di chi si oppone alla sua realizzazione in occasione della limitata ripresa delle attività di esproprio dei terreni in val di Susa.

Non ho intenzione di entrare nel merito delle polemiche divampate dopo l'incidente occorso ad uno degli esponenti più in vista del movimento No TAV, quel Luca Abbà che, arrampicatosi su un traliccio della corrente, ne è stato investito ed è crollato al suolo riportando danni particolarmente gravi (quando effettui simili gesti dimostrativi sai di correre rischi e li accetti: questo non vuol dire che chi scrive certe cose abbia la benchè minima giustificazione. Quando altrove scrivevo che sono giornali buoni solo per incartare il pesce sbagliavo. Si prestano ad un unico uso, ed anche per quello non sono l'ideale perchè di carta poco morbida).

Non ho nemmeno l'intenzione di entrare nel merito delle polemiche relative alle modalità della protesta ed al suo contrasto (blocchi stradali, barricate, auto dei dimostranti incendiate, provocazioni alla polizia, manganelli, idranti, e deficienti violenti che come sempre squalificano l'intero movimento con le loro intemperanze). 

In mezzo al solito pollaio starnazzante ho l'impressione che stia passando inosservata la notizia importante di questi giorni, data da La voce.info e che viene ripresa dal Fatto Quotidiano relativamente ad un sostanziale ridimensionamento del progetto, ridimensionamento che, incidendo più significativamente sul fronte dei costi di competenza dell'Italia (che passerebbero da 11 miliardi a 3,5, se ben capisco) che presumibilmente su quello dei benefici attesi comporta due conseguenze.

La prima è quella di confermare indirettamente le critiche di chi voleva che il progetto sinora perseguito non fosse poi così buono e in realtà sovradimensionato, dato che un suo ridimensionamento sembrerebbe non incidere granchè sui risultati attesi, a detta di quegli stessi che ammettono che i volumi di traffico attesi difficilmente richiederanno un'implementazione del nuovo progetto (peraltro possibile con la nuova impostazione progettuale). Come troppo spesso accade, il progetto rispondeva ai desideri dei costruttori molto più che alle esigenze reali dei potenziali fruitori di quell'opera pubblica e richiedeva (e richiede) una analisi ed un monitoraggio che sono stati garantiti più dagli oppositori all'opera che dai suoi sostenitori.

La seconda è che il rapporto costi benefici dell'opera sembra essere destinato a migliorare, e questo imporrebbe ad una parte degli scettici, quelli meno duri ed "ideologici" (tra cui incidentalmente mi riconosco), di riconsiderare l'opposizione al progetto nella vecchia formulazione. In sintesi, chi la riteneva un'opera potenzialmente utile ma la bocciava perchè troppo cara, probabilmente ad un terzo del costo iniziale potrebbe cambiare idea.

Ma, come sempre, sembra che nessuna di queste due cose sia destinata ad avere un peso nello scontro tra le fazioni pro e contro l'opera. Perchè siamo un Paese bellissimo e (s)ragioniamo per partito preso, piuttosto che per valutazioni pacate.

Ciao

Paolo

P.S. situazione analoga mi risulta essersi verificata anche per il mitico ponte sullo stretto: negli ultimi anni, da quanto ho capito, si sono consolidate tecnologie che permetterebbero di costruire un ponte a più campate (mentre quello ipotizzato negli ultimi progetti era un faraonico monocampata) di costo significativamente inferiore e meno soggetto a chiusure per eventi atmosferici. Quindi con un miglior rapporto qualità / prezzo. Ma anche in questo caso la cosa non sembra interessare nessuno.

Nessun commento: