Bot, BTp, spread ed interessi

Buongiorno,

sollecitato anche dalla segnalazione di un lettore che mi ha sottoposto questo post (grazie), che segnala delle incongruenze nel calcolo dell'interesse relativo al recentemente varato BTp Italia, vi metto a parte di una mia perplessità in materia economica derivante da una serie di osservazioni di eventi che mi risultano un po' indigesti da capire in un contesto di logica e trasparenza.

L'ultima notizia a sollevarmi perplessità è di ieri e riguarda il successo dell'asta dei BTp, che ha fatto seguito a quella dei Bot del giorno prima. Tassi e spread tornati ai livelli del 2010 per i titoli a breve, a quelli di agosto per quelli a più lungo termine. Tutto bene dunque? Si, ma c'è qualcosa che evidentemente mi sfugge nei complessi comportamenti dell'economia.


In particolare, visto che i titoli di Stato si vendono con procedura d'asta la cui base è derivata dalle valutazioni sul mercato secondario, non mi torna il fatto che alle aste si verifichi ormai molto spesso una richiesta ampiamente eccedente l'offerta e che vi siano discrepanze più che sensibili tra le valutazioni che si verificano nelle aste e quelle sul mercato secondario, discrepanze che per di più spesso e volentieri permangono (e talvolta si ampiano come successo ieri) anche dopo l'asta ufficiale.

Perchè una condizione di questo genere evidenzia come il calcolo degli interessi sui titoli di Stato e degli spread basato sulle valutazioni di un mercato secondario che tratta volumi minimi non è significativo dei reali valori di mercato sui valori complessivi. Infatti una richiesta in eccesso significa che il titolo a quegli interessi è ambito e quindi troppo redditizio per il rischio associato all'emittente.

E, se in un mercato ristretto, che -lo ricordo- tratta volumi molto minori di quello ufficiale e tra pochi operatori, le valuatazioni sono sensibilmente diverse da quelle che si realizzano in tali aste, non c'è balla che tenga, poichè a contare sul mercato sono i numeri: a sbagliarsi è il mercato ristretto (per gli amici di solida fede berlusconiana: no, quando c'era lui e lo spred imbizzarriva, purtroppo il mercato ristretto e quello ufficiale andavano piuttosto d'accordo da quanto mi risulta...). O sbaglio?

Dove porta questo ragionamento (ammesso che sia corretto)? porta al fatto che in questo periodo lo spread è uno strumento non molto affidabile nell'indicazione di rischio associato ad un Paese, e lo è tanto meno quanto più sentite descrivere aste con esiti sorprendenti per risultato o partecipazione...

Ciao

Paolo

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