Imprese italiane dalla retorica alla realtà

Buongiorno,

approfitto di un articolo uscito un po' in sordina sul Sole 24 Ore di alcuni giorni fa per tornare su un mio pallino, cioè l'origine della inadeguatezza strutturale delle aziende italiane rispetto alle principali concorrenti.

L'articolo in realtà tratta di altro argomento cioè lo scarso appeal che hanno le aziende italiane per gli investitori stranieri malgrado la loro minor dimensione (che, per logica, dovrebbe invece renderle più facilmente scalabili), tema che è però collegato ed anzi discende direttamente da quanto mi interessa, e che credo venga avvalorato dai dati contenuti nell'articolo stesso.

Mi avete spesso sentito sostenere che il costo della manodopera non è IL problema (l'ultima qui).

Altrettanto spesso mi avete sentito sostenere che non lo è il Sacro Totem dell'art.18 per abbattere il quale Renzi tanto si scalda.

Sono convinto e sostengo invece che l'inefficienza di uno Stato che tassa troppo per rendere troppo pochi servizi / infrastrutture (1) sia una concausa alla pari della natura del rapporto tra l'imprenditore italiano e la sua impresa, rapporto che, a mio modo di vedere, rimane di natura sostanzialmente padronale.

Cito dall'articolo: “Le imprese familiari sono l'80% del totale in Francia; l'89% in Germania, l'85% in Italia, l'83% in Spagna e il 79% in Uk, ... ma quelle gestite direttamente dalla famiglia , e non da manager esterni, sono il 67% in Italia contro appena il 26% in Francia, il 28% in Germania, il 35% in Spagna, il 10% in Gran Bretagna”. 

Il che significa che un po' dappertutto la proprietà della aziende è di natura familiare nell'85% circa dei casi, ma che solo in Italia la proprietà familiare equivale ad esprimerne il management in ben due casi su tre, mentre altrove, dove va male, ciò accade solo in un caso su tre.

E se è abbastanza naturale pensare che forse all'interno della famiglia non sia sempre possibile trovare capacità in grado di far crescere le nostre imprese (a chi non è mai capitato di avere un figlio Lapo? :-)), la rinuncia a cercarle al di fuori (vogliamo continuare a credere che tra i giovani italiani -che emigrano spesso con successo nelle aziende tedesche ed inglesi- ci siano solo bamboccioni?, diciamo pure di cercarle tra quelle che all'estero fanno crescere le imprese straniere più delle nostre), trova secondo me una amara spiegazione nel fatto che per l'imprenditore italiano l'azienda rimane innanzitutto il proprio giocattolo preferito, da cui non ci si accontenta di trarre un reddito, ma del quale si vuole disporre innanzitutto per poterci giocare a piacimento.

Una visione padronale, appunto.

Ciao

Paolo

(1) con l'eccezione dell'ecosistema di aziende che vivono di appalti pubblici che sembrano confezionati a misura delle loro esigenze invece che di quelle dei cittadini e troppo spesso mitigata da una consistente quota di evasione fiscale

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