le polemiche sorte attorno alle avventate affermazioni sulla cittadinanza profferite da Beppe Grillo (e giustamente stroncate anche dai suoi sostenitori, non foss'altro che per i toni usati) hanno riportato in superficie il problema di individuare i criteri da utilizzare per il riconoscimento della cittadinanza ai cittadini immigrati, ed allo scontro tra i sostenitori dello Ius Sanguinis, che vuole che il figlio degli immigrati debba avere la cittadinanza dei genitori e quelli dello Ius Soli, che vuole che il bambino che nasce in un Paese abbia diritto alla cittadinanza del luogo di nascita.
In materia non ho le idee chiare: da un lato sono convinto che per le elezioni amministrative si dovrebbe riconoscere il diritto di voto a chi risiede in un luogo e vi paga le tasse (ovviamente almeno per un po'), proprio perchè, trattandosi di amministrazione, ne è interessato a prescindere da provenienza e cultura.
D'altro lato considero la cittadinanza qualcosa in più, che richiede una adesione ad un sistema di valori e cultura condivisi.
D'altro lato considero la cittadinanza qualcosa in più, che richiede una adesione ad un sistema di valori e cultura condivisi.
Il che pone però alcuni problemi, il primo dei quali è se sia proprio così. Perchè certe posizioni esagitatamente antinazionali presenti in cittadini italiani rappresentano evidentemente una contraddizione. Il leghista che inneggia alla morte dell'Italia o il forzanuovista che si sgola urlando che "il 25 aprile è nata una puttana che si chiama Repubblica Italiana", entrambi cittadini italiani indegni a quali ideali che definirebbero ni il cittadino italiano aderiscono?
E a me pone un secondo personalissimo dubbio, derivato da esperienza personale di segno diametralmente opposto. Mia figlia ha un'ottima amica, splendida figlia di una coppia di origini albanesi, che è italianissima, senza la benchè minima possibilità di dubbio, sotto ogni punto di vista che non siano le origini dei genitori. Inserita in una scuola italiana ed in un ciontesto che l'ha accolta di buon grado è cresciuta in un contesto assolutamente comune alla maggior parte dei bambini ed è probabilmente è più italiana di me, che tutto sommato considero la cosa ovvia e molto spesso persino un po' fastidiosa.
Ed io sulla base di che pretese di diritto dovrei mettermi, non dico a giudicare, ma a pensare di farlo?
Ciao
Paolo
E a me pone un secondo personalissimo dubbio, derivato da esperienza personale di segno diametralmente opposto. Mia figlia ha un'ottima amica, splendida figlia di una coppia di origini albanesi, che è italianissima, senza la benchè minima possibilità di dubbio, sotto ogni punto di vista che non siano le origini dei genitori. Inserita in una scuola italiana ed in un ciontesto che l'ha accolta di buon grado è cresciuta in un contesto assolutamente comune alla maggior parte dei bambini ed è probabilmente è più italiana di me, che tutto sommato considero la cosa ovvia e molto spesso persino un po' fastidiosa.
Ed io sulla base di che pretese di diritto dovrei mettermi, non dico a giudicare, ma a pensare di farlo?
Ciao
Paolo
2 commenti:
Il problema c'è. Se il diritto di voto fosse subordinato al riconoscimento di alcuni valori condivisi e soprattutto a test linguistici, storici, e perché no anche logici saremmo sulla buona strada per risolverlo.
Non so sia antidemocratico, ma il semianalfabeta che ha il diritto di voto, perché è nato a Bojon, mentre la ragazza che citi non ce l'ha perché i suoi genitori vengono da un altro paese mi pare qualcosa di piuttosto nefasto per il Paese.
Saluti
T.
Ho trovato le parole di Grillo sgradevoli e anacronistiche. A mio modesto parere, il voto per le provinciali dovrebbe essere dato a tutti coloro che hanno residenza (non domicilio) e un visto valido.
Per quanto riguarda la cittadinanza, nessuno dei due metodi -ius soli e ius sanguinis- sono risolutivi. Serve, un metodo organico alla visione che l'Italia vuole avere di se' nel presente e nel futuro. Basta guardarsi attorno per vedere come gli altri paesi hanno e stanno affrontando questa problematica.
Il problema e' che dal poco che ne so io (e quindi correggetemi se sbaglio) in Italia non esiste un sistema organico per i visti e quindi ottenere la cittadinanza e' qualcosa di difficile e contorto. Per chi e' pratico della situazione americana (ma anche quelle Canadese e inglese nono sono troppo differenti), vi sono dei visti lavorativi, da studente, da esperto in materia, da fidanzato/a, da sposo/a, eccetera. Poi esiste il visto permanente (negli USA e' chiamata carta verse) che e' quasi come essere cittadino, tranne il fatto che non puoi votare per le politiche e che ti viene ritirata se passi piu' di 3 mesi lontano dal territorio americano.
I visti lavorativi sono limitati ed il loro numero e' deciso anno per anno. E' un sistema ben disegnato anche se con molti problemi (per esempio un lavapiatti messicano e un ingegnere olandese finiscono nello stesso calderone, H1B; quindi se vi sono 10000 lavapiatti, l'unico ingegnere potrebbe non ottenere il visto...)
In Italia c'e' tutto questo? Siamo sicuri che il problema della cittadinanza sia quello piu' urgente?
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