Buongiorno,
so
che il titolo, in occasione delle polemiche seguite alle parole della ministro Fornero può risultare fuorviante, ma non ho intenzione di
parlare di una polemica che ritengo di poco conto e scarsamente fondata.
Abbiate
pazienza, ma che i giovani siano ritenuti la valvola di sfogo
dell'assenza di crescita dell'economia italiana, degli altrui privilegi e della crisi economica
degli ultimi anni è un dato di fatto dai tempi della riforma Treu.
Il susseguirsi di epiteti quali "bamboccioni", "sfigati", "la peggiore Italia" e di pseudoconsigli inutili quali quelli di andare a scaricare cassette ai mercati generali è stato ininterrotto, trasversale ed unanime da lustri a questa parte.
Il susseguirsi di epiteti quali "bamboccioni", "sfigati", "la peggiore Italia" e di pseudoconsigli inutili quali quelli di andare a scaricare cassette ai mercati generali è stato ininterrotto, trasversale ed unanime da lustri a questa parte.
La
Fornero ha forse addirittura fatto un passo indietro rispetto ai suoi
predecessori ammettendo che i giovani stanno già vivendo uno stato di
precarietà con scarse prospettive senza precedenti e che si stanno già
adattando a fare un po' quello che trovano, quindi non vedo motivi nè di
novità nè di scandalo nelle sue (peraltro molto enfatizzate)
banalissime affermazioni.
Comprensibilmente
a fronte di questa situazione sinora i giovani avevano reagito in
quantità sempre maggiori nella maniera più ovvia: approfittando in decine di migliaia all'anno delle migliori condizioni lavorative che trovavano all'estero. Il che sarebbe un problema per l'Italia se nel nostro Paese vi fosse qualcuno in grado di sfruttare le loro capacità, ma così non è, se non in pochi casi.
Il numero crescente di giovani che vanno a lavorare all'estero (e non parlo solo dei cosiddetti "cervelli in fuga") era il metro che indicava quanto l'asfittico mercato del lavoro italiano fosse inadeguato rispetto al potenziale dei giovani italiani e non viceversa, contrariamente a quanto i luoghi comuni macinati dai nostri media hanno continuato a propinarci.
A cambiare sulla linea di confine non è il carattere di chi emigra, ma l'offerta di lavoro e prospettive.
Il numero crescente di giovani che vanno a lavorare all'estero (e non parlo solo dei cosiddetti "cervelli in fuga") era il metro che indicava quanto l'asfittico mercato del lavoro italiano fosse inadeguato rispetto al potenziale dei giovani italiani e non viceversa, contrariamente a quanto i luoghi comuni macinati dai nostri media hanno continuato a propinarci.
A cambiare sulla linea di confine non è il carattere di chi emigra, ma l'offerta di lavoro e prospettive.
Davanti
al consiglio di andare a scaricare cassette ai mercati generali molti
giovani italiani ritengono giustamente che andare oltre confine a fare
il mestiere per il quale si sono preparati sia una opzione migliore, per sè e per la società in cui vanno a vivere.
Lo pensano anche i loro datori di lavoro esteri, che li assumono massicciamente, talvolta li vengono a reclutare in Italia, danno loro prospettive di crescita molto migliori e li pagano molto più di quanto sarebbero pagati in Italia per fare lo stesso mestiere.
Qualcuno spieghi a Brunetta i benefici di una buona allocazione di risorse (ma non si vantava di aver rinunciato ad un nobel dell'economia?) ed agli imprenditori italiani che, forse, devono porsi qualche domanda sul loro modo di operare rispetto ai concorrenti stranieri.
Lo pensano anche i loro datori di lavoro esteri, che li assumono massicciamente, talvolta li vengono a reclutare in Italia, danno loro prospettive di crescita molto migliori e li pagano molto più di quanto sarebbero pagati in Italia per fare lo stesso mestiere.
Qualcuno spieghi a Brunetta i benefici di una buona allocazione di risorse (ma non si vantava di aver rinunciato ad un nobel dell'economia?) ed agli imprenditori italiani che, forse, devono porsi qualche domanda sul loro modo di operare rispetto ai concorrenti stranieri.
Per
i giovani italiani questo meccanismo stava raggiungendo elevatissimi
livelli di efficienza: i numeri degli emigranti sono già impressionanti
ed in costante crescita e la scarsità dei rientri testimonia la
soddisfazione rispetto alla scelta di emigrare.
A
favorire questo meccanismo contribuivano massicciamente due programmi
europei di interscambio culturale: il famoso Erasmus ed il poco meno
noto Leonardo, che implementano un sistema di borse di studio atte a
favorire studi ed inserimento lavorativo su scala europea piuttosto che
nazionale.
Ed
è qui che, anche come genitore, vedo con preoccupazione l'ennesima pioggia sul bagnato mondo
dei giovani italiani: da quanto sembra di capire i finanziamenti a questi due programmi stanno cominciando a mancare e, con essi, vengono
meno alcuni strumenti che rendevano più agevole l'inserimento e la
ricerca di lavoro all'estero, e quindi, per i giovani italiani, una prospettiva di un futuro decente qui pervicacemente negato loro.
Insomma, forse vedremo ridimensionare il fenomeno della fuga dei cervelli, non a fronte di un miglioramento del mercato del lavoro italiano, ma in conseguenza di un detrimento nella qualità dell'insegnamento e di un innalzamento delle barriere in uscita. E non è una bella cosa, perchè significa che per l'Italia (e non solo per i giovani italiani) continua, sotto l'occhio vigile e distaccato dei nostri ineffabili privilegiati, la corsa al ribasso.
Ciao
Paolo
Insomma, forse vedremo ridimensionare il fenomeno della fuga dei cervelli, non a fronte di un miglioramento del mercato del lavoro italiano, ma in conseguenza di un detrimento nella qualità dell'insegnamento e di un innalzamento delle barriere in uscita. E non è una bella cosa, perchè significa che per l'Italia (e non solo per i giovani italiani) continua, sotto l'occhio vigile e distaccato dei nostri ineffabili privilegiati, la corsa al ribasso.
Ciao
Paolo
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