Buongiorno,
l'avvitamento
dell'economia e della politica europea stanno dando fiato a chi, in
Italia, continua a ritenere che l'Euro sia stata la fonte di tutti i
mali e che sarebbe una buona cosa tornare alla lira, con l'intenzione di
riguadagnare competitività ricorrendo alla svalutazione.
Nei giorni scorsi Uriel ha scritto un post in cui ribadisce come la ricetta sia estremamente fallace
(e se al meccanismo della svalutazione della valuta sostituite quello
del solo ribasso del costo della manodopera ottenete una cosa analoga, come ci siamo raccontati in più occasioni in questo blog).
Sostanzialmente
nel suo post Uriel parte dal concetto che, in un mercato globale e
con una valuta impoverita del suo valore, avremmo un inferiore potere
d'acquisto nei confronti di tutto quello che importiamo, non solo come
prodotti finiti (che magari in parte potremmo sostituire con
produzioni autarchiche), ma anche in termini di materie prime,
componenti, prodotti intermedi e tecnologie.
E
per l'acquisto di questi fattori siamo vincolati a rivolgerci all'estero
(con valuta che sarebbe valutata) e quindi l'efficacia della
svalutazione sarebbe limitata: l'italiano avrebbe difficoltà molto
maggiori ad acquistare prodotti stranieri, specialmente nei settori in
cui non esiste prodotto nazionale, ma i prodotti italiani, che integrano
ed assemblano parti straniere diminuirebbero meno che
proporzionatamente del vallore della valuta, in quanto non potrebbero comprimere i costi di ciò
che è acquistato all'estero.
Quello
che temo possa portare molti a non comprendere sino in fondo la portata
del meccanismo in quel post è che Uriel insiste sulla componente
tecnologica e dell'innovazione, la cui portata non è compresa dai troppi
sostenitori del "Made in Italy".
In
realtà ormai non serve nemmeno analizzare quanto di innovativo vi sia anche nei settori considerati più tradizionali.
Perchè
gran parte delle cosce di maiale che utilizziamo per produrre i nostri
prosciutti arrivano dall'estero (Germania, Olanda su tutti per 600.000
tonnellate nel 2010, oltre il 60%)
Perchè il grano che utilizziamo per produrre la pasta arriva in gran parte dall'estero (Repubbliche ex sovietiche).
Perchè la giacca di cui vi ho raccontato qui è stata quasi sicuramente scelta da un catalogo estero prima di essere rimarchiata e divenire anch'essa Made in Italy.
E
lo stesso per la maggior parte delle scarpe "italiane". E per gran
parte della lana che i marchi dell'abbigliamento utilizzano. E per gran
parte del legno che utilizzano i mobilifici.
Insomma,
a guardar bene, questa svalutazione "competitiva" sembra essere anche
in questi settori molto simile a poco più che un taglio degli stipendi.
I
tanti che sembrano convinti della bontà del metodo possono autoridursi
il salario o i margini d'utile quando vogliono, non troveranno alcuno ad
ostacolarli.
Ma detto così, semplice e piano, pare non piaccia a nessuno.
Ciao
Paolo
4 commenti:
Buondì,
ho letto e apprezzato anche io il post cui ti riferisci. Giusto dopo aver sentito leggere un'intervista a Beppe Grillo in cui insisteva sull'uscita dall'euro.
Trovo pericoloso questo confondere:
1) il ricordo dell'età dell'oro dell'imprenditore semianalfabeta che montando insieme quattro lamiere faceva il cinese d'Europa sfruttando la debolezza della Lira.
2) il miraggio dell'Eldorado in cui lo stesso imprenditore con trent'anni di più, ma sempre analfabeta crede di poter essere più cinese dei cinesi, con un'uscita dall'Euro.
Naturalmente da un Paese che ha votato Berlusconi fino a ieri, che ha un sistema di informazione vergognoso, e che al 47% non ha le conoscenze per comprendere un articolo di giornale, mi aspetto di tutto.
Saluti
Tommaso
PS: il plurale di coscia è ;-) ? (scusa)
@ Tommaso:
...corretto, grazie
errore di ignoranza :-)
Ciao
Paolo
Caspita, ma in Italia produciamo ed esportiamo ancora qualcosa? Perchè a leggere qua sembra che siamo diventati peggio dell'Uganda. E pensare che a me risulta che l'Italia sia tutt'ora il secondo paese, come produzione, d'Europa...
@ bull69:
siamo tuttora un paese che produce, ma siamo sempre più inseriti in filiere produttive che attraversano più paesi e che presso di noi realizzano sono poche fasi. Per di più non abbiamo materie prime...
quindi con la svalutazione realizzeremmo di fatto quello cui hanno esclusivamente puntato gli imprenditori negli ultimi venti anni: la riduzione del costo del lavoro.
Ciao
Paolo
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